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Contributi/ Economia e antropologia. Gli equivoci dei “liberals”

di Apostolos Apostolou
6 Dicembre 2015
in Home, Libri&LIBERI
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Contributi/ Economia e antropologia. Gli equivoci dei “liberals”

Che cosa è l’economia ? Numeri ? Il comportamento delle famiglie? Le imprese e dello Stato nel mercato? Economia ha preso il nome dalla casa (οίκος) abitata dalla famiglia, dal primo tipo di aggregazione (nel secondo capitolo dello stesso libro Aristotele cita Esiodo: «nella casa vengono prima la donna e il bue che ara») che si moltiplica nei villaggi e che nella città acquista l’ultima forma, quella di una comunità perfetta: «la natura di ogni cosa è il fine che porta a compimento la sua generazione, come avviene per l’uomo, per il cavallo e per la casa» (Etica nicomachea, A 2, 1252 b 32-34).

L’economia è rapporto sociale secondo pensiero greco antico. E come sosteneva Aristotele l’economia fondata sul merito (κατ’ αξίαν) e l’unico modo per scambiare delle merci era secondo Aristotele il baratto. Scrive Aristotele in “Etica nicomachea” «la maggior parte degli uomini vive della terra e delle piante coltivate». Il denaro è uno strumento economico, che può assumere le funzioni come mezzo di scambio, sempre secondo Aristotele. Però nel tempo dal baratto diretto il mercato ha passato dunque al baratto mediato, attraverso l’uso di una terza merce di carattere “guarentigio”, la quale potesse fungere da “valore – ponte”. Questa terza merce era il denaro. Denaro in greco antico (νόμισμα), proviene dal verbo (νομίζω) che significa credere – pensare – ritenere. Il denaro, questo baratto mediato secondo Aristotele sarà il grande problema.

In che cosa consiste il mistero del denaro? Evidentemente nel fatto che rappresenta una somma di esseri e di cose di cui si può appropriare. Il denaro come valore di scambio e come valore simbolico, da una trasmutazione in valore / segno. (E cosi valori / segni sono prodotti da un certo tipo di lavoro sociale.) Il denaro, questo, dio inodore è esso stesso una mediazione, un contratto sociale. (Qui possiamo confrontare ciò che diceva Ezra Pound : il denaro non è una merce, ma una convenzione sociale). E la moralità del profitto assolutamente rimpiazzava la morale dell’onore assolutamente detestabile.

Così oggi l’azione morale, il ciclo infernale è concluso. Lavorare per sopravvivere, sopravvivere consumando e per consumare. Con l’analisi di Aristotele vediamo l’economia come sistema dei segni, per mostrare come la logica dei significanti, da qui abbiamo l’azione e la circolazione dei significanti, che si organizzano esattamente come la logica del sistema di scambio. Ma anche abbiamo la logica del significato vi si subordina tatticamente esattamente come quella dal valore d’ uso si subordina a quella del valore di scambio.

Paul Karl Polanyi, sociologo, filosofo, economista e antropologo ungherese è stato vicino al pensiero di Aristotele. È noto Polanyi per la sua critica della società di mercato espressa nel suo lavoro principale. La tesi fondamentale di Polanyi riguarda la negazione della “naturalità” della società di mercato, ritenuta piuttosto un’anomalia nella storia della società umana che lo porta a rifiutare l’identificazione dell’economia umana con la sua forma mercantile e il concetto normativo di embeddedness.

Abbiamo cosi la “grande trasformazione” come scrive Paul Karl Polanyi. L’economia come processo istituzionale nel quale distingue tra due approcci ai fenomeni economici: quello sostanziale di cui egli stesso è fautore e quello formale. Nelle analisi storiche ad antropologiche di quegli anni Polanyi sotolinea come i sistemi economici fino alla fine del feudalesimo erano organizzati alternativamente sulla base dei principi della reciprocità della retribuzione e dell’economia domestica o di una combinazione. Viene inoltre ricordato per l’importante contributo dato all’antropologia economica e alla filosofia della condivisione. L’economia non è avulsa dalla società, ma non può che essere embedded, vale a dire integrata, radicata proprio all’interno della società. Secondo Murray N. Rothbart «La grande trasformazione di Karl Polanyi è una congerie di confusioni, assurdità, errori e distorti attacchi al libero mercato. La tentazione è di dedicarvi una critica quasi riga per riga. Ci rinuncerò per evidenziare innanzitutto alcuni dei difetti filosofici ed economici di base, prima di passare ad alcune delle critiche dettagliate.

Un difetto filosofico di base in Polanyi è un difetto comune degli intellettuali moderni – un difetto che è stato rampante sin da Rousseau e dal movimento romantico: il Culto del Primitivo. Ad un certo punto (trattando dei Kaffiri), Polanyi usa effettivamente la stucchevole frase “nobile selvaggio,” ma questa idea pervade comunque il libro (per una eccellente discussione su Rousseau, sul primitivismo e sul movimento romantico, vedi “Rousseau and Romanticism”, di Irving Babbitt). Il rousseauismo moderno ha ricevuto una spinta importante dagli antropologi culturali, come Ruth Benedict, Margaret Mead, Franz Boas, e simili (molti dei quali erano comunisti e il resto molto a sinistra), che sono andati a visitare entusiasticamente le tribù primitive esistenti ed hanno raccontato della vita gaia e felice della tribù X che non ha proprietà privata né inibizioni imposte dal matrimonio monogamo.» Oggi l’economia da, il sentimento di umiliazione, e il sentimento di umiliazione non è altro che il sentimento di essere oggetto.

Così abbiamo una guerra fra Antropologia e Economia. «Gli antropologi culturali, che lavorano più con dati di livello locale e più “sul terreno”, tendono invece a mettere in evidenza gli effetti negativi dell’espansione del capitalismo in scenari non capitalisti. Si segnalano tre trasformazioni principali: – ‘ Sfratto’ [” despojo ” è una delle tante parole delle quali non saprei dare una traduzione precisa in italiano], della popolazione locale dalla sua terra, con una crescita sostanziale di persone scacciate e disoccupate. Il capitalismo globale ha espulso milioni di persone dalla loro terra e contribuito all’aumento di poveri nelle città . -Reclutamento di cacciatori-raccoglitori, orticultori, pastori e contadini in posti di lavoro di basso livello nel settore industriale/informatico. Il capitalismo globale ha espulso milioni di persone dalla loro terra e contribuito all’aumento di poveri nelle città  con il reclutamento di cacciatori-raccoglitori, orticultori, pastori e contadini in posti di lavoro di basso livello nel settore industriale/informatico. Persone che passano a dipendere da un salario, in contrapposizione alla loro previa autonomia. Aumento della produzione dei beni d’esportazione in regioni periferiche del mondo, in risposta al mercato globale, a discapito della produzione d’alimenti per il consumo familiare». Come scriveva Barbara Miller antropologa Culturale statunitense (vedi “Economia vs Antropologia Economica”, in Economia liberal.it).

Così con l’economia nell’incapacità di formare la propria vita sulla sovranità, si tenta oggi di fondare la propria sovranità sulla vita degli altri. Usanze da schiavi. Oggi il sistema economico, la produzione e il consumo dell’offesa tendono a equilibrarsi. Il vecchio sogno dei teorici del libero scambio cerca dunque la sua perfezione nel senso di una democrazia rimessa a nuovo dalla mancanza d’immaginazione che caratterizza il nuovo pensiero di sinistra-neoliberale. L’economia oggi ha la vista della costrizione della vita quotidiana.

 

Tags: AristoteledenaroeconomiaEzra PoundKarl PolanyilavoroRousseau
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