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Home L'Editoriale

Crisi libica e limiti italici. Le teste di legno fan sempre del chiasso

di Pietro Cerullo
7 Marzo 2016
in L'Editoriale
1
Crisi libica e limiti italici. Le teste di legno fan sempre del chiasso

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La politica estera italiana del dopoguerra e’ stata allineata agli indirizzi degli Stati Uniti sempre e poi anche a quelli della U.E., tranne che verso i Paesi arabi, in specie quelli incubatori e/o promotori del terrorismo. Rispetto ai quali è valso e, per quanto possibile, ancora vale il cosiddetto “Lodo Moro”, che si potrebbe definire anche “Lodo Andreotti”: denaro e immunità , da parte nostra; niente stragi da parte loro. Alle stragi per finalità interne, come a Piazza Fontana di Milano e a Piazzale della Loggia a Brescia, bastavano e avanzavano i servizi segreti, diciamo deviati, interni e i loro volonterosi stupidi o venali ausiliari dell’estremismo politico di destra e di sinistra.
In particolare i palestinesi godevano di ampia libertà di circolazione e di azione in Italia, a costo di tragici incidenti, come probabilmente e’ accaduto alla stazione di Bologna, ovviamente attribuiti ai soliti calimeri fascisti.
Sennonché le cose stanno cambiando, via via che il terrorismo si fa islamico e la dissoluzione delle istituzioni dalla Siria alla Libia lasciano libero campo al tribalismo secolare indigeno.

Ora pagare non garantisce più, come si è tristemente constatato nel caso di Fausto Piano e Salvatore Failla, i cui corpi giacciono nell’obitorio di Sabratha in Libia.
Ora il gioco si fa duro, insostenibile per Renzi Rodomonte e il Miles gloriosus Alfano
Il primo si era già fatto investire dai tantissimi pennivendoli della stampa e della televisione come il Comandante in capo delle operazioni in Libia, peraltro condotte sul posto da truppe anglo-francesi, possiamo immaginare quanto inclini ad obbedire a un generalissimo italiano, perdippiu imboscato a Roma. Il secondo vanta alla propria perspicacia e fermezza l’assenza,
purtroppo precaria di attentati.
La vicenda di Sabratha li ha smentiti tragicamente. Furbizie, doppiogiochismo, pecunia facile non bastano più. Bisogna elaborare una strategia politica, prima ancora che militare.
La nostra stessa storia, da Crispi a Giolitti, da Dogali (1887) ad Adua (1896), insegna che la forza militare non basta. Occorre un’ampia visione politica, che non abbia in mente soltanto le mire affaristiche delle grandi compagnie energetiche e non, ma la valorizzazione delle risorse attuali e potenziali del territorio in favore delle sue genti.
Il tanto diffamato Fascismo, seppe far capire agli indigeni che l’occupazione mirava a radicare cola’ milioni di italiani per concorrere anche alla loro emancipazione, per conseguire con loro sviluppo e progressi. Tant’è che nel 1937 il Gran Mufti di Gerusalemme consegno’ a Mussolini la “Seif-al-Islam”, la spada dell’Islam, al cospetto di duemila cavalieri meharisti incolonnati e di molti ragguardevoli notabili della popolazione araba, quale “segno di fede e lealtà ” da parte dei musulmani anche libici.
Certo, Mussolini non era una testa di legno!

Tags: guerreLibiaterrorismo
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