La Procura di Catania ha ottenuto l’arresto di nove persone per associazione a delinquere finalizzata al riciclaggio internazionale. Sono considerati responsabili di ricarichi-monstre sul combustibile prodotto in Libia fra 2015 e 2016 e avventurosamente immesso, con sconti alla fonte fino al 60%, sul mercato italiano grazie ad navi “fantasma”.
In galera è finito per primo Marco Porta, amministratore delegato della Maxcom Bunker spa di Genova e ritenuto il cervello della banda. In manette anche il libico Mousa Ben Khalifa, fuggito dal carcere nel 2011 con la caduta di Gheddafi mentre stava scontando una condanna a 15 anni per narcotraffico, e il catanese Nicola Orazio Romeo indicato da alcuni collaboratori di giustizia quale appartenente alla cosca dei Santapaola-Ercolano e definito dagli indagati stessi, in una intercettazione, «uno della mala, quella giusta, quella che non lo tocca nessuno». Romeo aveva il compito di organizzare i trasporti del gasolio libico via mare. Nella retata sono finiti anche i maltesi Darren e Gordon Debono che con Romeo organizzavano materialmente i trasbordi. Ai domiciliari è stato messo invece Stefano Cevasco, addetto all’ufficio commerciale della Maxcom, specializzato nella mascheratura dei documenti: lo hanno bloccato ieri all’alba nella sua casa di Albaro, nel levante del capoluogo ligure. Stesso provvedimento, per Antonio Baffo e Rosanna La Duca, basisti negli scali siciliani.
Dai porti libici di Abu Kammash e Zuwarah, zone controllate dall’ISIS, Ben Khalifa imbarcava su pescherecci modificati il gasolio che veniva poi travasato al largo di Malta su navi più grandi. Le imbarcazioni disattivavano il dispositivo d’identificazione per camuffare la reale posizione e trasportavano il prodotto in Italia per conto Maxcom Bunker. La distribuzione nel nostro paese era ben strutturata. Il combustibile veniva sbarcato ad Augusta e venduto in Sicilia a distributori stradali «compiacenti». Si trattava di gasolio extra-rete di bassa qualità («una porcata» lo definiscono nelle intercettazioni) a prezzi ultraconcorrenziali, frodando le compagnie di bandiera, tanto che la prima denuncia è stata presentata dall’Eni.
Qualche numero per capire: in Italia tra il 2015 e il 2016 sono arrivati almeno 82 milioni di chili di gasolio libico rubato, per un valore d’acquisto pari a circa 27 milioni di euro, ancorché sul mercato legale ne sarebbero stati necessari 51, ed è finita in fumo Iva per 11 milioni.
Ma il dato più inquietante è un altro e si ricollega al terrorismo, la pista che stava seguendo Daphne Caruana Galiza, la giornalista maltese assassinata pochi giorni fa nell’isola. «Non possiamo escludere – ha spiegato il procuratore capo di Catania Carmelo Zuccaro – che parte dei proventi dei traffici illeciti abbia foraggiato l’Isis».