Sabato 23 novembre, Edoardo Cigolini (reporter per Il Giornale, Espansione, Barbadillo.it e Nazione Futura) ha presentato, allo spazio sociale Domus Orobica, il suo libro “America profonda”, raccontando il viaggio e il conseguente reportage che lo hanno ispirato.

Tre anni fa (novembre 2017), a dodici mesi dall’elezione (contro ogni previsione – quanto fossero serie, non è dato sapere) di Donald Trump a Presidente degli USA, Cigolini ha affrontato un viaggio attraverso nove stati dell’America profonda: lontano quindi dagli USA televisivi e cinematografici, rappresentati da una privilegiatissima cerchia di fighetti liberali; distante da microcosmi dorati come quello di Manhattan. Poiché la narrazione dominante già si occupa di questo ambiente chiuso, e nonostante tale mondo sia del tutto alieno dalle dinamiche di quello reale, si insista a fare passare le sue istanze come le sole fondate, giustificate e giustificabili, serie (insomma: “verità assolute”), Cigolini ha pensato bene di esplorare l’America, per l’appunto, reale: quella che ha problemi fin troppo reali, concreti, gravi.
Da Washington DC, Cigolini si è avventurato fino nel Sud profondissimo dell’Alabama, intervistando più voci possibili, dalle grandi città afflitte da tassi di criminalità elevatissimi, alla provincia devastata dalla povertà e dalla malnutrizione, passando per la West Virginia: stato storicamente dominato dal Partito Democratico e dai sindacati di sinistra, dove le restrizioni di Obama alla produzione tramite carbon fossile d’energia elettrica ha portato alla chiusura di quelle miniere che, per alcune città, erano la principale, se non la sola, fonte di lavoro; promettendo ai nuovi disoccupati la riapertura (la cui sostentazione è tuttora problematica) delle miniere, Trump ha incassato nelle scorse elezioni il 68%.
Nel sesto capitolo, Cigolini elenca i punti della, concretissima, “crisi spirituale”: il disastro ideale, culturale degli USA si riverbera, pesantissimamente, sulla società, con costi umani elevatissimi. L’obesità miete vittime, lo smercio su vasta scala di droga porta a un crescente numero di morti da overdose, anche i suicidi aumentano. Una deriva di disagio che porta a un consumo sfrenato di farmaci, e sulla quale sta cominciando a pesare sempre più la “ideologia gender”: sempre più “millennial” (ragazze e ragazzi nati dopo il 2000) non sanno se identificarsi col sesso di nascita, o con un altro, o con nessuno; si aprono così sempre più cliniche per la “riassegnazione di genere”, tramite devastanti terapie ormonali e interventi chirurgici, anche su bambini in età pre-scolastica (il dr. Norman Spack ha convinto un bambino di 4 anni che non si riconosceva nell’essere un maschietto, e lo ha fatto diventare una femminuccia). Follia psichiatrica: malattie mentali appositamente scatenate da chi dovrebbe curarle.
Il capitolo successivo è dedicato a “I talebani del politicamente corretto”: e come Cigolini ha spiegato nell’incontro con la Domus, fra le tante mode socio-culturali (film, vestiti, fast-food…) che, cominciate negli USA, hanno attecchito (con prepotenza) in Europa, anche le isterie politicamente corrette statunitensi sono arrivate qui. Facendo danni.
“Liberal”, “radical chic”, “hipster”, “antifa”, “LGBT”: i conformisti del pensiero unico di New York non avrebbero problemi a trovare i loro sosia, girando per Milano. Le loro pretese di superiorità culturale trovano ascolto, e le conseguenze sono devastanti: ci guadagnano, per tornare a quanto detto sopra, psicologi e psichiatri, e l’industria farmaceutica. L’individuo occidentale si trova vittima della follia del pensiero unico, che gli rovina la salute mentale; la scuola psicologica-psichiatrica dominante, guidata dal falso scientifico della “ricaptazione della serotonina” (la teoria secondo la quale basta incentivare la produzione d’una molecola per rendere felice una persona, al di là delle sue condizioni di vita), gli propina farmaci (scatenando un fenomeno ormai prossimo al genocidio: le vittime dell’abuso di oppiacei, antidolorifici e ansiolitici aumentano esponenzialmente) e propala quelle stesse magagne (liberalizzazione della droga, teorie gender) che rendono l’Occidente 2.0 un panorama di detriti e follia.
Cigolini analizza le risposte: quella di Trump non sembra essere più valida; la sua avventura politica con i Repubblicani è cominciata da indipendente, ma “The Donald” si è trovato sempre più assorbito dalle istanze cui nessun presidente, democratico o repubblicano che sia, deve obbedire: quelle dell’establishment; Steve Bannon è sparito, come il suo “The Movement” e le sue promesse-minacce di riunire i sovranisti di tutto il mondo. Trump e Bannon hanno perlomeno mostrato un’attenzione all’America profonda che il duo infernale Obama-Clinton ha sempre tenuto in dispregio; ma da qui a fermare il declino, drastico e inarrestabile, di “The Land of the Free” ne passa.
C’è allora l’Alt-Right: “opinion leader” e movimenti a destra del Partito Repubblicano. Dipinti come suprematisti bianchi, seppur rivendichino non il dominio dei caucasici sulle altre etnie, ma il diritto dell’uomo bianco alla propria identità (e alla sopravvivenza): hanno appoggiato la campagna elettorale di Trump, e ne hanno salutato con entusiasmo il (risicato) trionfo presidenziale, salvo poi vederlo rientrare nell’alveo repubblicano e accontentarsi di quello che, rispetto alla sua sfidante del 2016, era comunque il male minore. Populisti, aggressivi, per nulla intimoriti dalla intolleranza della sinistra liberale (con la quale gli scontri sono spesso violenti), si sono immediatamente trovati in contrasto con la Alt-Light (l’alternativa “leggera”) dei blogger, che hanno trovato in Bannon una, pur non ufficiale, guida, e che si sono tenuti stretta la vittoria di Trump. Gli uni come gli altri guardano alle destre europee come un modello: ma se non è chiaro cosa Bannon abbia dalle sue tanto sbandierate letture evoliane (tanto che gli “evoliani” europei non lo tengono affatto in simpatia), la blogger canadese Lauren Southern si è avvicinata al movimento Generation Identitaire, la cui branca italiana si è, da almeno un anno, spenta dopo un’attività breve e ingloriosa.
“America profonda” di Edoardo Cigolini è la testimonianza d’un paese profondamente malato, in cura da due medici: quello liberal, che vuole sopprimerlo e ne ha i mezzi; e quello dell’Alt-Right, che vorrebbe guarirlo ma non ne è capace.
Edoardo Cigolini, “America profonda. Alt-Right, tensioni razziali, disagio sociale. Racconto di un paese diviso”
Eclettica Edizioni, Massa, 2018
Euro 13, ppgg. 136