La Campania è il nuovo bastione del Partito Democratico, ovviamente di stretta osservanza renziana. Così almeno raccontano negli ultimi mesi le cronache politiche, probabilmente sulla scorta della sempre più evidente, e sbandierata, intesa tra il presidente del Consiglio Matteo Renzi ed il governatore campano Vincenzo De Luca. Eppure a leggere bene i risultati dell’ultima tornata elettorale, che ha interessato ben quattro capoluoghi campani su cinque, la realtà sembra essere diversa.
La prestazione elettorale del Partito Democratico può essere definita senza esitazione poco brillante. Dopo le consuete tensioni delle primarie – accuse di voti comprati, ricorsi respinti di Antonio Bassolino – la candidata democrat Valeria Valente resta fuori dal ballottaggio per la conquista del Comune di Napoli. Scavalcata dal rappresentante del centrodestra Gianni Lettieri –ottimo amico del governatore De Luca, si noti bene – la Valente si ferma ad un modesto 21,3%, mentre il Pd racimola un mediocre 11,6%. Davvero poco per un partito a vocazione maggioritaria, pur tenendo conto del complesso scenario partenopeo.
Leggermente meglio vanno le cose a Caserta e Benevento: qui i candidati sostenuti dal Pd vanno al ballottaggio, ma i risultati del partito renziano non sono brillanti. A Caserta Carlo Marino si attesta al 45,1 – è solo al 19,5 il candidato del centrodestra Riccardo Ventre -, tuttavia il Partito Democratico non va oltre un risicato 11,4%. A Benevento, invece, è testa a testa tra l’inaffondabile Clemente Mastella (33,6%) e l’esponente di centrosinistra Raffaele Del Vecchio (33,2%); arriva al 16,9% il Partito Democratico.
Risultati, quelli ottenuti dalle liste del Partito Democratico in Campania, che possono essere meglio inquadrati nel loro reale valore se paragonati, ad esempio, a quelli di Roma: nella capitale il Pd ha raggranellato il 17,2%, un risultato a dir poco deludente che, tuttavia, è superiore a quello registrato nei capoluoghi campani chiamati al voto.
In questo scenario si conferma, poi, l’eccezionalità del caso Salerno. Nella città del presidente della Campania Vincenzo De Luca il candidato del centrosinistra Enzo Napoli – naturalmente designato dal governatore medesimo e “assistito” nel corso della campagna elettorale da Piero e Roberto, figli e delfini del governatore – si è imposto con un travolgente 70,49%. Meglio ancora hanno fatto le liste della sua coalizione, attestate sul 75% e con ben 26 consiglieri comunali su 32.
Un trionfo per il Pd? Non proprio, considerato che sulla scheda elettorale il simbolo del partito di Renzi non c’era. Così come avviene, del resto, da un ventennio. Anche questa volta infatti De Luca si è affidato ad una coalizione “civica” –si fa per dire- composta dalle tre liste dei Progressisti per Salerno, Campania Libera e Salerno dei Giovani; formazioni cui si sono aggiunti il Psi, i Verdi e i Moderati per Salerno, rassemblement in cui sono confluiti Udc, verdiniani e resti sparsi di Ncd. Ben 19 consiglieri comunali su 26 sono diretta emanazione delle liste deluchiane ed al governatore, prima ancora che al Pd, rispondono e garantiscono fedeltà.
Del Pd ufficialmente a Salerno non c’è traccia.
Più che un bastione democrat, quindi, la Campania appare sempre più feudo politico di Vincenzo De Luca, in grado di dettare la linea da Salerno all’intera regione. E sulla base di questo controllo esercitato sul territorio è nata l’intesa con un Renzi decisamente in difficoltà rispetto al recente passato.
Reggerà l’intesa tra i due? Fino a quando ci sarà un reciproco interesse di sicuro. Anche perché nessuno dei due sembra essere particolarmente propenso alla fedeltà estrema in politica: lo testimoniano il celebre “Enrico stai sereno” di Matteo Renzi o la disinvoltura con cui Enzo De Luca ha scaricato in sede congressuale Pierluigi Bersani, dopo esserne stato un grande elettore, per schierare le sue truppe cammellate nel campo dell’attuale segretario democrat.