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Hollywood LGBT/ Pronto soccorso per star decadute

di Tommaso de Brabant
4 Dicembre 2020
in Home, Società&Tendenze
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Ehi tu! Sì, dico proprio a te! Sei un attore, un cantante, un personaggio televisivo che non si fila più nessuno (a parte i creditori)? Potresti ridurti a partecipare a qualche reality show, o a trasmissioni come “Ballando con le stelle”. Certificheresti il tuo fallimento, ma almeno avresti il gettone di presenza – e persino il cestino (la fame è brutta). Puoi fare questa fine, oppure puoi… usare il “metodo Ricky Martin”!

Il “metodo Ricky Martin” funziona! Il suo ideatore era un cantante di successo, negli anni ’90 vendeva dischi a palate, le sue hit scalavano le classifiche. Poi, le idee hanno cominciato a scarseggiare… finché non è arrivata quella geniale: fare “outing”! Ossia: dichiarandosi gay, con tanto di libro da vedere a chi volesse dedicare tempo e soldi all’importantissima notizia.

Grazie al “metodo Ricky Martin”, il divo portoricano ha ritrovato il successo – e soldi a vagonate. Senza più il fastidioso impegno di scrivere canzoni!

Potresti trovarti nell’imbarazzante situazione di Emma Watson, la Hermione dei film di “Harry Potter”. Quando la serie ha chiuso i battenti la povera Emma, non essendo proprio talentuosa, si è trovata a girare soltanto un film ogni due anni (e pure mediocre). Ma non si è fatta cogliere dal panico, e ha fatto ricorso al “metodo Ricky Martin”! Con una piccola variante: invece di dichiararsi gay, Emma ha vomitato banalità, sul medesimo tema, ogni volta che si sia trovata di fronte a un microfono: perché imparare a recitare, quando ripetere che le questioni LGBT sono una priorità per ogni agenda politica che si rispetti è tanto facile e garantisce un successo sicuro?

Cantanti di musica pop scadente, attori di serial televisivi dei quali di perde traccia pochi mesi dopo la messa in onda: pletore di esempi dimostrano l’efficacia garantita del “metodo Ricky Martin”.

Efficacia garantita che ha appena trovato l’ennesima dimostrazione! Ellen Page era un’attrice, nota per un film solo – “Juno”, commedia adolescenziale del 2007, nel quale interpretava una ragazza che dopo aver deciso di abortire, ci ripensa e cerca una coppia cui affidare il nascituro. L’aveva sceneggiato una ex spogliarellista, Diablo Cody, perciò si doveva dire che era un film bellissimo (com’è trasgressiva lei, com’è sulfurea lei!), o si passava per bacchettoni. Ahinoi, entrambe sparivano poi dalla circolazione: Diablo Cody non riusciva più a imporre il suo passato da ragazza di vita, e soccombeva alla mancanza di idee; Ellen Page proseguiva la sua carriera da attrice senza entusiasmi, a parte i soliti film degli “X Men”, un ruolo da comprimaria nel cervellotico “Inception” di Christopher Nolan, e un altro nel punto più basso della carriera di Woody Allen (“To Rome With Love”).

Ellen si è trovata di fronte al rischio di dover imparare a fare qualcosa: finché non ha usato il “metodo Ricky Martin”! Dall’alto del suo profilo Twitter, ha annunciato di non chiamarsi più Ellen, ma Elliot: di considerarsi quindi un uomo – pur senza essersi sottoposta ad alcun cambiamento fisico. La sua pagina Wikipedia (lucchettata per precauzione politicamente corretta) comincia ora così: “Elliot Page, nato Ellen… è un attore canadese”.

La notizia è stata riportata nei modi più burocraticamente contorti: l’incubo orwelliano della neolingua ha fatto un passo in più, grazie alla Page. Il Post intitola: “La persona nota finora come Ellen Page ha detto di essere transgender e di chiamarsi Elliot Page”.

La notizia che “l’attore” abbia chiesto, tramite Twitter, di essere “chiamato con pronomi maschili e neutri”, è la prima riguardante Ellen Page dal 2018 – quando rese noto d’aver sposata una ballerina – e dal 2014 – quando si dichiarò lesbica. Mica come quelle attrici sfigate che si fanno notare per le loro interpretazioni… quale migliore dimostrazione dell’efficacia sicura del “metodo Ricky Martin”?

Un passo in avanti per la neolingua, un passo in più verso il baratro del delirio politicamente corretto: ma ne vale la pena, perché Ellen Page ha così potuto riscuotere una pubblicità che imparando a recitare e chiedendo al suo manager di trovarle ruoli di rilievo non avrebbe mai ottenuto.

Avanti col regresso dei progressisti, avanti verso le brutture della neolingua, avanti verso la prigionia conformista del politicamente corretto. Come scrisse Sylvia Plath: queste sono le lente colpe che uccidono, e uccidono, e uccidono.

Tags: cinemaUSA
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