Il 1951 è un anno sul piano politico intermedio tra il 1948, segnato dalla vittoria della DC, sostenuta da tantissimi elettori di destra, sul minaccioso e dilagante frontismo socialcomunista , ed il 1953, anno in cui il sogno degasperiano del nuovo sistema maggioritario si infrange anche per il rifiuto degli elettori missini e monarchici o semplicemente dagli ideali nazionali di vedere soffocato il pluralismo partitico da un palese progetto di duopoli DC – PCI con il servile appoggio del PSI.
In ambito locale, pur tra difficoltà organizzative, dissidi spesso velleitari e problemi finanziari, il MSI si muove, in vista delle elezioni amministrative, di cui più avanti registreremo il risultati, anche in aree difficili ed ostili.
Nel gennaio, ad esempio, da Mantova il prefetto segnala i propositi di liste nei centri con popolazione superiore ai 10 mila abitanti e di apparentamenti antisinistra in quelli minori e nel giugno le polemiche svoltesi a Foligno tra repubblicani e liberali, favorevoli questi ultimi ad un’alleanza con la destra, foriera di un possibile successo. Sempre nello stesso mese dal prefetto di Savona torna risuonare il ritornello della dispersione dei voti, andati sul versante nazionale con indiretto ed involontario appoggio ai socialcomunisti, ritornello riaffacciato nei decenni successivi dalla propaganda scudocrociata.
La crescita del MSI è tangibile nella provincia ligure (2000 voti contro 388 della consultazione del 1948) ed anche nella “rossa” Siena (2704 consensi rispetto agli 823 di tre anni prima).
Da Roma, nel rapporto di giugno, si rileva un certo spirito di ripresa nel MSI e nel PNM, “sfruttando sentimenti nazionalistici, incontrano e risvegliano maggiori simpatie”. Nell’ultimo mese dell’anno non si nascondono gli sfavorevoli commenti “in molti strati della popolazione “contro il varo dell’ordinamento regionale”. Si osserva poi che “in attesa siano discusse le leggi che potrebbero anche compromettere l’esistenza del partito gli esponenti del MSI ostentano grande calma e serenità. I dirigenti per la maggior parte si dimostrano fiduciosi sull’avvenire e contano [commettendo un errore storico] sull’appoggio [mai giunto] della destra democristiana per ottenere l’insabbiamento della legge contro il neofascismo già all’ordine del giorno del Parlamento”.
La posizione del partito, sempre alle prese con i vuoti economici, nel settembre 1951 non risultano ancora saldati i debiti del congresso del 1949 [e non si poteva certo dibattere di fondazioni!], emerge da un paio di interventi di Almirante.
Nel primo (Bologna, 18 maggio), alla presenza di circa 5 mila persone, sostiene “in tema di politica estera, l’assoluta necessità della concordia di tutti gli italiani nei confronti di ogni potenza straniera”. Nel secondo, con superiore concretezza (Poggibonsi, 11 dicembre), esprime il favore del partito al Patto Atlantico, “al quale desidererebbe che l’Italia partecipasse con parità di diritti degli altri Stati”.
Si è accennato in precedenza ai dati positivi conseguiti nelle amministrative, addirittura incredibili negli anni Sessanta e Settanta da un lato per la pressione esercitata in primis dalla DC (di cui oggi si difendono incredibilmente esponenti, all’epoca del loro fulgore, acerrimi nemici) e dal PCI – PSI e partitini del centro sinistra, e da un altro per la preparazione spesso abborracciata degli eletti mai, se non sporadicamente, curata dagli organi nazionali.
La consultazione riveste una importanza speciale per un doppio motivo: è la prima, dopo la riforma in senso maggioritario ed inaugura la vita dei consigli provinciali. Alcuni risultati per i consessi civici: il MSI ottiene ad Alessandria il 5,2%, a Como il 7,3%, a Milano il 6,5%, a Cremona il 6,1%, a La Spezia il 5,7%, ad Ancona il 5,5 %, ad Ascoli Piceno il 14,7%, a Pisa il 5,96%, a Massa il 10,4%, a L’Aquila il 18,5% e a Pescara il 16,9%.
Sono risultati che dovrebbero servire da lezione e da esempio nella fase politica, in cui si promuovono iniziativa di parcellizzazione e non coagulanti, rimanendo fuori dalla realtà e dalle istanze dei cittadini stanchi delle alleanze contratte, del tutto deludenti e inconcludenti, ieri, oggi e forse nel futuro prossimo.
Appunto, la Bella Destra. Non la destra-Centro incolore e insapore di Fini e seguito. Ripartire si può, è possibile. Prima di tutto, però, si devono fare da parte protagonisti e accoliti corresponsabili del disatro culturale da AN in poi, che ancora oggi vogliono stare alla ribalta. Secondariamente si devono riscoprire valori e progetti abbandonati per mero opportunismo personale. Vale a dire che il DNA della Destra deve essere riportato alla luce aggiornato e ancorato al presente, riscoprendo la difesa della famiglia, dei corpi intermedi della società, il ruolo dello Stato, l’esigenza della partecipazione politica e nei luoghi di lavoro.