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Pensiero debole/ Quei monsignori tremebondi che si vergognano del Natale

di Domenico Bonvegna
8 Dicembre 2015
in Home, Società&Tendenze
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Pensiero debole/ Quei monsignori tremebondi che si vergognano del Natale
       

Da qualche anno si ripete il solito stupido disegno di cancellare le nostre tradizioni natalizie, in particolare quello più caratteristico: il presepe. Non mancano presidi o insegnanti che con una grande dose provocatoria, impediscono ai propri studenti anche a quelli non cattolici, di poter giovarsi del messaggio universale di pace del Santo Natale. Per la verità a cancellare totalmente il Natale ci aveva pensato Erode, con il suo metodo radicale, ora ci provano in tanti modi i fautori del “multiculturalismo”, della “libertà”, della “democrazia”, alla fine la scusa è quella di non “offendere” lo “zero-virgola” di alunni islamici presenti nelle scuole. In pratica stiamo censurando il nostro modo di essere e di vivere, pensando di educare i nostri ragazzi alla tolleranza.

Di questo passo arriveremo ad abolire Dante, Manzoni, i dipinti dei grandi artisti, i musei, le chiese ricche di statue e di affreschi, città intere che in ogni edificio, non solo religioso ma anche pubblico, parlano di fede. Finiremo per censurarli tutti, ma così certamente non saremo più colti, più intelligenti, né più accoglienti, soltanto più aridi e infelici.

Stiamo esagerando? Ma non ci sono stati presidi e insegnanti che hanno proibito ai ragazzi di visitare la mostra di Chagall, quello del famoso crocifisso bianco. Magari sarà meglio vedere la mostra di Firenze dove il crocifisso è in un barattolo di urina.

Quali sono i motivi per cui occorre spogliarsi delle nostre tradizioni, dei nostri segni? Forse per favorire il “dialogo” (parola-talismano dell’Occidente liquido) con i lontani, in questo caso, gli islamici? Non credo che riusciamo a dialogare meglio rendendoci nudi, attaccandoci a “niente”, soprattutto di fronte al credente in Maometto, erede consapevole di una grande religione come l’islam. Anzi è probabile che ci disprezzerà perchè ci siamo spogliati della nostra fede, della nostra cultura. E’ una pia illusione credere che gli islamici si possano convertire alla nostra cultura occidentale, impregnata di relativismo religioso, libertà sessuale, edonismo, aborto, disordine familiare, omosessualismo, ideologia del gender e tanto altro. O forse pensiamo di corrompere i musulmani, con il sex-shopping olandese, o il “nulla” dei Paesi del Nord Europa, ex protestanti, che ormai si sono adagiati su un paganesimo vissuto.

Non sarà forse che il problema siamo noi e non i diversi? E’ proprio così “Siamo noi che non sappiamo rendere ragione del bimbo nella mangiatoria”, scriveva l’informatore parrocchiale di Santa Maria delle Grazie al Naviglio in Milano.

Probabilmente siamo un popolo che non ha più nulla da raccontare che non ha qualcosa di caro da difendere. Peraltro solo un popolo sa essere accogliente, altrimenti si diventa solo tolleranti. Essere tolleranti non è positivo, si tollera qualcosa che si sopporta a fatica, qualcosa che potrebbe essere spiacevole, dannosa, mal sopportata. Infatti,“si tollera chi ci sta vicino, sino a quando non ci dà troppo fastidio. Invece, il cristianesimo ci educa ad accogliere”. Naturalmente, però, chi accoglie l’altro deve amare le sue differenze, per quello che è, ma nello stesso tempo non si deve vergognare di se stesso. Dunque no alla tolleranza, si al rispetto degli altri.

E’ vero, il problema siamo noi, e non solo i cristiani, semplici fedeli, ma anche qualche prelato come il vescovo di Padova, monsignor Cipolla, intervenendo sul caso del preside di Rozzano, volendo forse andare controcorrente, l’ha sparata grossa, invitandoci a fare “un passo indietro” sulle nostre tradizioni natalizie (leggi presepio), per mantenere la pace, l‘amicizia e la fraternità con i lontani.

A questo proposito sono interessanti le domande con piglio polemico che sono state poste sul quotidiano online LaNuovaBQ.it da un lettore al vescovo della città di sant’Antonio. Fino a che punto dovremo fare dei passi indietro sulle nostre tradizioni religiose? Si è chiesto questo lettore. “Faccio qualche esempio: dovremmo fare passi indietro rispetto alla processione del Corpus Domini oppure alle processioni dell’Assunta oppure alle preghiere mariane oppure alle visite alla basilica di Sant’Antonio nella sua città?” (Peppino Zola, “Presepi, islam e Vangelo: dieci domande a monsignore”, 7.12.15 LaNuovaBQ.it) Ma poi questi passi indietro, non potrebbero essere un’offesa nei confronti di tantissimi martiri cristiani, non solo del passato, ma soprattutto di oggi, che continuano ad essere“trucidati perseguitati proprio perché hanno avuto il coraggio di non fare passi indietro?”. “Siamo proprio sicuri che questa spasmodica ricerca di tranquillità serva alla causa della pace?” Domanda ancora il lettore del giornale diretto da Riccardo Cascioli. “Non è che, forse, questo atteggiamento imbelle non incoraggi i terroristi islamici ad essere sempre più aggressivi? Esempio clamoroso è proprio quello della Francia e di Parigi. Nessun Paese e nessuna città hanno fatto passi indietro come loro, eppure sono stati attaccati in modo così barbaro”.

Continuando le domande, il lettore chiede al vescovo come bisogna leggere alcuni significativi passi del Vangelo, incominciando con quello di Matteo:“non crediate che io sia venuto a portare pace sulla terra; non sono venuto a portare pace, ma una spada.. Chi ama il padre e la madre più di me non è degno di me”? Altro passo: “Guardatevi dagli uomini perché vi consegneranno ai loro tribunali e vi flagelleranno nelle loro sinagoghe e sarete condotti davanti ai governatori e ai re per causa mia, per dare testimonianza a loro ed ai pagani”; Oppure,“sarete odiati da tutti a causa del mio nome, ma chi persevererà fino alla fine sarà salvato»; “chi mi riconoscerà davanti agli uomini, anch’io lo riconoscerò davanti al Padre mio che è nei cieli…”.

E che dire di Infine, di quel “birichino di San Paolo, che ci invita ad annunciare Cristo in modo «opportuno», ma se occorre anche in modo «inopportuno?” In conclusione il lettore chiede al Monsignore, se può chiarire quanto ha detto ad Avvenire e cioè: “tutte le manifestazioni di devozione sono misurate dal Vangelo, che annuncia il mistero di Dio che si è fatto povero e piccolo. E silenzioso”? Le faccio la domanda, perché non mi pare che Gesù sia stato tanto silenzioso (se lo fosse stato non lo avrebbero ucciso) e poi ha detto così ai suoi apostoli: «quello che vi dico nelle tenebre ditelo nella luce, e quello che ascoltate all’orecchio predicatelo sui tetti». Monsignore, cosa pensa del fatto che i cristiani non possono manifestare pubblicamente la propria fede in quasi tutti i Paesi islamici? Lì cosa possiamo fare per creare un clima di pace e tranquillità? Dobbiamo solo tacere, contro il comando del Vangelo? Spero di avere almeno qualche risposta. Ho tanto bisogno di capire.

Tags: Chiesa cattolicaNatalePadovatradizione
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