“Indian Summer”, un libro su San Babila e i “Sanbabilini”. Un lavoro originale e vero (terribilmente vero…) che convincerà sicuramente chi é stato testimone diretto di quella storia dura e contraddittoria, amara e sfrontata. Al tempo stesso, è uno spaccato reale della Milano degli anni ’70, capace di appassionare e incuriosire anche chi quei tempi lontani non li ha vissuti.
L’autore Maurizio Murelli, uomo di letture profonde e pensieri lunghi, definisce “Indian Summer” un «romanzo impressionista». Ha ragione, poiché si tratta di vero e proprio romanzo con tutte le caratteristiche del caso: personaggi, atmosfere e, soprattutto, con una trama tempestata da chiaroscuri e prospettive mai banali. Risultato: il lettore rimane col fiato sospeso sino alla fine.
Tutto ha inizio con il ritrovasi dopo 40 anni (un omaggio a Dumas e ai suoi moschettieri?) di un pugno di “ragazzi invecchiati”, alcuni dei protagonisti dell’esperienza di San Babila. Il tempo, impietoso e avido, è trascorso per tutti, ma l’antica fratellanza non si é persa, non si è esaurita. Sebbene invecchiati e segnati dalla vita, gli amici riprendono il cammino interrotto, vivendo la stagione autunnale della loro vita con l’energia data dal calore di un’estate inaspettata, l’estate indiana. “Indian Summer”, appunto.
Tra le pieghe dell’oggi, emerge però una volta di più il passato, la realtà di San Babila, una storia a lungo oscurata, negata, stravolta. Nel suo intermittente “retour au passe”, Murelli tratteggia con cura gli scenari e restituisce pienamente un clima e un periodo: i personaggi con il loro modo di muoversi e di parlare, i termini usati, la passioni, i sentimenti. Le illusioni (tante), le delusioni (infinite).
Ecco, allora, le interminabili discussioni notturne su politica, filosofia, religioni, destino. Ecco il cameratismo che saldava tra loro ragazzi d’ogni ceto e condizione: ricchi, poveri, “bravi ragazzi”, marginali e simpatiche canaglie. Ecco, soprattutto, “quella” piazza incardinata nel centro di Milano: essenziale nella sua architettura, con i colonnati che sembravano proteggere quei giovani ribelli e sfrontati. San Babila, piccola e illusoria isola di libertà in una metropoli avvelenata d’intolleranza e violenza.
Pagina dopo pagina, le atmosfere prendono consistenza e colori. Vale la pena, ad esempio, d’indugiare sulla descrizione (forte e coinvolgente) di un assalto dei “compagni”. Murelli descrive mirabilmente la scena: le urla, la tensione crescente, gli sguardi, la rabbia. Tutto vero. Il lettore si ritroverà all’Harry’s Bar, accanto agli attivisti più esperti e ai più giovani, scorgerà i poliziotti in borghese (goffi, nascosti dietro al solito giornale), vedrà gli avversari avanzare con il pugno chiuso, brandendo le immancabili chiavi inglesi; sullo sfondo la colonna sonora la offre Mia Martini con “Minuetto”, la canzone dell’amore totale e infelice.
Come accennato, ad impreziosire “Indian Summer” vi sono tanti spunti, tante pennellate che fanno rivivere una Milano ormai scomparsa : i grandi cinema del centro, ora sostituiti da orrende multisale, i nightclub, i piano – bar e i ristoranti. Una tavolozza di luci al neon e vetrine oggi cancellati, come in un quadro di Hopper, da fast- food orribili, low price più o meno di tendenza, outlet tristi. Una somma di non luoghi senza eleganza, senza anima.
Una piccola confessione: per chi quegli anni gli ha vissuti vi è anche tanta nostalgia nel sentir nominare locali come Strippoli o Scoffone: ” sulle note di Battisti l’auto arrivò al parcheggio nelle vicinanze di Strippoli”. Come in una canzone del primo Vecchioni (allora più sopportabile del bolso pensionato odierno), Murelli narra le notti nebbiose degli anni ’70, restituendo il clima ovattato, i colori verde bottiglia di taxi e tram, persino i manifesti dei gruppetti rossi (i noiosissimi tazebao che annunciavano rivoluzioni improbabili) affissi ad ogni muro……
Insomma, un libro dinamico e riflessivo, emozionante e rigoroso. Con la forza del romanzo e la profondità del saggio l’autore fa giustizia (finalmente…) di tanti luoghi comuni sinistrosi e destrosi. San Babila non era certo un “covo di assassini paranoici” come l’antifascismo militante ha dipinto quell’esperienza giovanile, ma nemmeno una scheggia impazzita — la lettura presepiale di certa destra piagnona — di un mondo tutto “legge e ordine” e “patria e famiglia””. San Babila fu avamposto, sogno ma anche trincea e, quando necessario, violenza determinata e organizzata. Murelli, persona seria, non nega e non abbellisce nulla. Racconta tutto, senza sconti e senza pentimenti. Bene così, i giovani che di quella ventura hanno sentito solo qualche vago racconto, finalmente capiranno.
Maurizio Murelli
INDIAN SUMMER
C’era una volta San Babila
Aga, editrice, Milano 2015
Ppgg. 387, euro 25.00