Gli eterni perdenti della storia e della vita politica italiana sono i cattolici impegnati nella vita pubblica. Hanno collezionato solo sconfitte o alla meglio vittorie fragili, effimere, di breve durata e di corto respiro.
Se vogliamo risalire addirittura all’Ottocento, così per una schematica ricostruzione, la loro avversione al processo unitario era chiaramente determinata e condizionata dal timore, di certo non infondato, dell’attacco e della caduta del potere temporale. Ora se è vero come è innegabile che non mancarono esagerazioni ed esasperazioni da parte dei diversi governi, succedutisi dal 1861 in poi, sia della Destra quanto della Sinistra storiche, è pur fuori discussione, anche se sottaciuto, che a fronte del giustificabile astensionismo in campo elettorale politico i cittadini, ossequienti alle gerarchie, potevano e forse erano addirittura stimolati a gareggiare e ad impegnarsi nelle elezioni comunali e provinciali nel nome della massima “preparazione nell’astensionione”, tanto che non mancarono addirittura sacerdoti, non parroci, presenti in numerosi consessi civici.
A molti sfugge poi che sin dal 1851, con un rescritto al vescovo di Mondovì, Pio IX indicò le festività religiose da far inserire nel calendario civile e che nella fase unitaria, come ha ricordato in un ottimo saggio, apparso nel 2003 (“Le feste nazionali”) Maurizio Ridolfi, il numero crebbe fino a comprendere solennità liturgiche oggi rimaste patrimonio dei soli credenti.
Senza ricordare l’inascoltato auspicio di S. Pio X perché fossero operanti “cattolici deputati” e non “deputati cattolici” e il celebre e celebrato “patto Gentiloni”, in cui i cattolici furono condizionati comunque a Giolitti, gli avvenimenti del 1919 inaugurano la lunga ed ininterrotta serie di fallimenti.
Nasce il Partito Popolare con il chiaro intento di pesare nella vita dello Stato ma la battaglia per il cambiamento del sistema elettorale, dall’uninominale al proporzionale, registra, una volta introdotto, due legislature inconcludenti e vissute pochissimi mesi (1919 e 1921) e l’epilogo, per loro fallimentare, dell’avvento del fascismo.
Nel dopoguerra, poi, con l’Assemblea costituente il connubio con i comunisti segna un chiaro sbilanciamento ideologico a favore delle sinistre con i cattolici, preoccupati solo di ottenere l’inserimento nella Carta dei Patti Lateranensi, la c.d. costituzionalizzazione, e di proteggere gli istituti scolastici guidati dai religiosi e dalle religiose, senza curarsi allora e fino ai giorni nostri della scuola pubblica, in cui Togliatti ed i suoi uomini facevano infiltrare, al pari della magistratura, loro attivi “fedeli”.
In ambito elettorale la DC non ha saputo tradurre, per le proprie implicite carenze di fondo, prima ed insuperabile la mancanza di senso dello Stato, il consenso ottenuto dai cittadini. Lo Scudo crociato consegue, con l’appoggio determinante degli elettori di destra, tra i quali è eccezionalmente attivo un certo Giovannino Guareschi, poi ingiustamente fatto incarcerare da De Gasperi, 12.741.299 voti pari al 48,5%.
La consultazione del 7 giugno 1953 registra la sconfitta del leader trentino, non sufficientemente affiancato dalla struttura interna e da molti esponenti già occhieggianti a sinistra, ed il tramonto del criterio, che attribuiva il premio di maggioranza alla coalizione (e non al partito, come è previsto, con numeri più esigui, dal vergognoso “Italicum” berlusconian – renziano), che avesse toccato il 50% + uno.
Ma sono i referendum, che toccano questioni morali, a segnare le sconfitte più eclatanti ed eloquenti dei cattolici, pur appoggiati da una destra vilipesa ed ignorata. Il 12 maggio 1974 sulla proposta abrogativa della legge per scioglimento del matrimonio i favorevoli rappresentano il 40,7 % ed i contrari il 59,3 %, il 17 maggio 1981 avversano la proposta radicale di interruzione della gravidanza appena l’11,6 % degli elettori mentre l’88,4% lo sostengono.
Siamo adesso prossimi ad una rinnovata disfatta dei cattolici sul disegno di legge Cirinnà, che prevede un “regime identico a quello del matrimonio” e l’adozione di bambini da parte di una coppia omosessuale (la c.d. “stepchild adoption”). Le gerarchie ecclesiastiche sono sul tema fredde e disimpegnate e quindi le previsioni per l’esito di una disputa, iniziata tardi e soggetta a mille condizionamenti, più che grigie, appaiono nere. D’altra parte sostegni arriveranno – ma non è cosa inedita – dalla pattuglietta berlusconiana, in virtù della libertà di coscienza, esclusa e demonizzata solo in caso di rifiuto degli ordini del “Cesare” .