Ancora una volta, e a ragione, nonostante i tanti guai causati da sempre, i guasti provocati nell’arrendevole destra, dopo la perniciosa confluenza nel PDL e mai più ripresasi, Silvio Berlusconi può vantare di “aver inanellato due innegabili successi. Il primo: su Milano e Roma i candidati scelti [che sarebbe più reale definire imposti da lui e subiti dagli sherpa] erano suoi. Il secondo: il modo in cui si è trovata la quadra è stato un capolavoro di freddezza e di determinazione”.
La seconda rivendicazione può essere fondata ma merita, come l’intero contesto, minuziose e convinte riflessioni, a partire dai candidati per chiudere con la mortificante sconfitta subita dalla politica.
Innanzitutto i due candidati , Guido Bertolaso e Stefano Parisi, a differenza di quanto pensi con la sua tradizionale superficialità, Gianfranco Fini, non sono “al servizio delle istituzioni a prescindere da chi governi” ma sono al “servizio” , alla faccia dello spoils system, nato nel XIX secolo negli Stati Uniti, dei gruppi di potere. Ne sono prova i rispettivi curricula.
Bertolaso appare sulla scena con Rutelli nell’organizzazione del Giubilei, poi è dal 2001 con Berlusconi per passare quindi con Prodi alla Protezione civile. E’ quindi incardinato ed ufficialmente, ma non tanto apparentemente, come è emerso da alcune dichiarazioni, privo di colore politico. E questo dato emerge in maniera lampante in una prima, assai infelice, intervista rilasciata a “Repubblica”, e già la sede la dice lunga ed è assai poco tranquillizzante. Il medico apre con l’appello, ascoltato in mille altre confuse ed inconcludenti occasioni precedenti, “alla società civile, andando oltre ai partiti, così che tutti gli scontenti possa dare una mano”. Dopo questo quadro utopistico e dopo aver scomunicato Marchini, ad una domanda sulla destra romana, offre una replica, a dir poco sconfortante ed offensiva: “io non devo interpretare certe ideologie, ma i desideri dei romani affinché possano tornare a vivere nella città più bella del mondo. Se questo significa andare incontro ai programmi della destra, bene. Altrimenti se ne faranno una ragione”. “Intelligentibus pauca”. Chiude, segnalando, senza alcun pentimento, di aver votato Rutelli e contro Berlusconi e contro Alemanno.
Del secondo candidato, più presentabile, sono da sottolineare le simpatie verso la sinistra democristiana ed il PSI, provate dagli incarichi ricoperti durante il governo De Mita (1988 – 1989), con De Michelis agli Esteri e con Amato presidente del Consiglio. Parisi è stato ed è manager con la Confindustria, con Fastweb e con “Chili”, la piattaforma telematica di video e film on demand. Il candidato, nato a Roma, è stato principalmente, e ciò dimostra l’alleanza con AP, cioè con l’NCD, al momento fedele servitore presso la corte di Renzi, benedetto e salutato entusiasticamente da Gabriele Albertini, di cui è stato “City manager” negli anni della sua sindacatura sotto le bandiere di FI. E’ da presentare poi un altro quesito: anche se sotto l’ala salvifica e santificante di Berlusconi, di fronte ad una possibile sconfitta, Bertolaso e Parisi, come agiranno? Saranno capaci di guidare l’opposizione?
La scelta diviene obbligata in presenza di una abdicazione (stavo per scrivere castrazione) pesante della politica. Questa fuga dalle responsabilità amministrative, a voler essere coerenti e logici, “per la contradizion che nol consente”, dovrebbe preludere ad una analoga scelta in ambito nazionale. Con questa defezione nel XX secolo si ritorna ai Comuni medioevali, privi di denominatore unificante, di collante, animati solo dal campanile, ed i cittadini, al momento del voto, saranno autorizzati e legittimati a Roma ed a Milano, e non a Moncenisio e Pedesina (36 abitanti), a rifiutare il loro consenso a partiti, incapaci di esprimere candidature credibili ed affidabili.