Tanti sono stati i commenti post voto e le analisi in questo campo si sono sprecate. A mia volta, nell’imminenza dell’apertura delle urne ho scritto che i fattori che hanno reso più difficile la campagna elettorale di Fratelli d’Italia sono stati l’oscuramento mediatico, i sondaggi spesso tenuti bassi ad hoc e la sovraesposizione della figura di Berlusconi.
Vorrei ora azzardare —anche alla luce degli interventi di Ignazio La Russa, Marcello Veneziani, Angelo Mellone, Marcello De Angelis, Marco Valle, Massimo Corsaro e Carlo Fidanza — una riflessione di carattere più generale rendendo centrale una domanda alla quale dovrebbe corrispondere una risposta che ci dovrebbe aiutare ad impostare il nostro futuro progetto strategico : perché votare Fratelli d’Italia? Certamente perché rappresenta il nuovo centro destra onesto e credibile, certamente perché non si schiererà mai con il Monti bis e mai con la sinistra ma non credo che questo sia sufficiente ad affrontare le difficili sfide che ci attendono.
Quale è il nostro elettorato di riferimento? Il vecchio elettorato di AN? Ma esiste ancora questo bacino di consensi e, soprattutto, dove negli anni si è annidato? Probabilmente o ha continuato a votare Berlusconi — percepito come personaggio carismatico, campione di battaglie anticomuniste che non disdegna ogni tanto qualche apprezzamento sul fascismo — oppure potremmo trovarci davanti all’ipotesi di una dissoluzione dello storico elettorato di destra, prima vicino all’MSI e poi ad AN.
A questa domanda ne sussegue un’altra non meno importante: esiste ancora un nostro blocco sociale di riferimento e, se si, è individuabile nel tradizionale ceto medio? Queste categorie guardano a noi ancora? E ammettendo che siano i piccoli imprenditori, i professionisti, gli artigiani e i commercianti (un mondo composito e disomogeneo: ricordiamo che la tassazione esasperata degli ultimi anni e lo strapotere delle banche hanno contribuito a schiacciare una parte importante della fascia un tempo centrale nel novero delle nuove povertà) il nostro principale riferimento, in quali termini ci dovremmo rapportare con gli altri segmenti della società, con le aree impoverite dalla crisi come gli esodati senza pensione, i disoccupati, i giovani e anziani disperati?
Nella tradizione della destra sociale dovrebbe essere contemplato anche il blocco più debole, quello che non ha alcun privilegio da difendere. Purtroppo abbiamo troppo trascurato, soprattutto nel periodo trascorso nel PDL, i nostri valori ispirati al sociale assoggettandoci in modo acritico a termini come “rivoluzione liberale” che, oltre ad essere declinati in modo superficiale, sono storicamente superati.
È mancato drammaticamente il coraggio di affermare alcuni tratti distintivi del nostro bagaglio culturale con l’aggravante, per alcuni, di aver tentato anche goffe prese di distanza dal fascismo, il più delle volte non richieste, per trovarci ora a dover ascoltare da Berlusconi e dai grillini apprezzamenti — peraltro condivisi dalla maggioranza degli italiani — sugli aspetti positivi dell’esperienza mussoliniana.
Ecco perchè è importante — è vorrei che fosse una delle peculiarità di Fratelli d’Italia — non ripetere gli errori del passato. La ricerca di un progetto che offra nuove suggestioni e che non ci condanni alla marginalità è prioritaria. La scelta di modalità nuove di partecipazione, il limite di mandati e al divieto di doppi incarichi — un po’ i principi attorno ai quali questo partito è nato — non bastano: senza un disegno politico-culturale valido rischiano di diventare solo armi spuntate.
Il pericolo è che i cambiamenti radicali ci travolgano e lo sconvolgimento della situazione istituzionale ne è un esempio. Quando mai era capitato che i maggiori attori della politica non sedessero in Parlamento? Ora chi come Grillo, Casaleggio e Renzi detta l’agenda lo fa senza essere in Parlamento con il paradosso che allo stesso tempo alla Camera e al Senato esordiranno persone normali, senza alcuna esperienza politica praticamente sorteggiate…..! L’aula sorda e grigia che qualcuno avrebbe voluto trasformare in un bivacco di manipoli rischierà di trasformarsi in un bivacco di manipolati.
Segnali di cambiamento importanti che vanno colti fino in fondo raccogliendo la sfida della modernizzazione e proprio su identità nazionale e modernizzazione va fondato il nostro progetto.
Modernizzazione significa capire che l’Italia ha bisogno di rilanciassi con nuove infrastrutture per poter competere con le altre nazioni europee e che pertanto un progetto come quello della TAV va sostenuto perché l’immobilismo dei trasporti e della viabilità spesso coincide con l’immobilismo delle idee.
Identità nazionale come principio dinamico da non circoscrivere solo al mero patriottismo retorico e di maniera ma da far diventare volano di tante battaglie dalla cultura, all’ambiente, alla difesa del nostro patrimonio di beni culturali e linguistici, ad una nuova etica del lavoro che ridimensioni il potere delle banche. E ancora la ridiscussione, senza massimalismi ma con razionalità, delle logore logiche di politica estera ancora incardinate su un filo atlantismo novecentesco ormai obsoleto.
Saper offrire queste nuove suggestioni è il modo per affermarsi come movimento emergente capace di trovare consensi a tutto campo, prescindendo dagli ambiti ristretti del vecchio elettorato di destra. Nella Nazione c’è una gran voglia di cambiamento purtroppo intercettata in gran parte da chi ha saputo far leva solo su invidie e malesseri, il più delle volte giustificati, e il tutto in una dimensione dove la Politica con la P maiuscola si è fatta da parte per lasciare spazio a scontri tra poteri forti. Il governo tecnico uscente ne è la conferma.
Fratelli d’Italia ha tutte le carte in regola per essere centrale in questo momento di cambiamenti e lo può fare con trasparenza senza avere manovratori che si agitano dietro le quinte. Siamo partiti, parafrasando Nietzsche, imbarcandoci su una navicella che ci sta portando lontano dalla terra, ovvero dalle logiche della vecchia politica. Ora non dobbiamo e non possiamo più voltarci indietro. Guai ad avere nostalgia della terra, il viaggio deve continuare. Senza paura.
Sottoscrivo l’articolo dell’on.frassinetti .