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A proposito del governo Conte. Due o tre “cosette” che non ci convincono

di Vincenzo Pacifici
24 Dicembre 2018
in Home, Pòlis
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A proposito del governo Conte. Due o tre “cosette” che non ci convincono
       

Si narra che nel periodo della RSI, nel 1944, Mussolini, nel leggere un articolo Giovanni Spadolini su “Italia e Civiltà” sulla “perdita di agilità e di dinamismo rivoluzionario” del fascismo, si sia lamentato dell’accantonamento di una personalità del genere, nata in effetti nel 1925.

Ora un’ osservazione del genere va ripetuta, una volta letta e tesaurizzata l’originale lezione di economia impartita (“Chi fattura di più, risparmia di più” e “L’importante è che ci guadagnino tutti”) dall’”Einaudi dei Navigli”, Matteo Salvini ed in attesa di ascoltare “ex cathedra” disquisizioni giuslavoristiche altrettanto salienti da parte del luminare del Vesuvio.

E’ vero che anche mentre nelle file gialloverdi si segnalano sorprendenti arruolamenti, come quelli del “giallorosso” Francesco Storace, in quelle della minoranza, per il momento, non mancano segnali da parte dei cattolici, come da tradizione consolidata, equivoci e ostili alla struttura unitaria “dalle Alpi alle Piramidi” . Ad esempio, secondo Lupi, “questo governo offre una grande opportunità [!!!] a chi crede che sussidiarietà e solidarietà siano una risposta più giusta dello statalismo, a chi crede che il lavoro è meglio del reddito di cittadinanza, che parità scolastica e autonomia della scuola siano obiettivi imprescindibili”.

Comunque al governo sono state mosse critiche pesanti, nette e fondate. Una denunzia dura, severa e doverosa è arrivata da “Il Foglio” con la nota “Cultura, istruzione, patrimonio artistico. Le tre parole, e non per caso, dal discorso del premier. La fuga dei cervelli dal governo”. Ai due settori portanti e tipici sono dedicate nel “contratto” “poche righe banali” e nessuno ancora ha avuto il piacere di ascoltare dichiarazioni da parte dei ministri “tecnici” competenti, il manager culturale Alberto Bonisoli al Mibact e il dirigente scolastico, laureato in scienze motorie, Marco Bussetti all’Istruzione.

In una nota del foglio di casa Berlusconi, è stato osservato a ragione che invece di salire “sulle barricate della retorica sarebbe meglio prepararsi a esaminare e smontare l’operato del governo giorno per giorno, provvedimento per provvedimento”. Ad esempio, tanto per citare un caso alla portata di tutti e rilevante per tutti, la questione delle pensioni innescherà un contenzioso di inimmaginabili dimensioni e ripercussioni sociali.

Ha sottolineato poi efficacemente una distinzione tutt’altro che marginale ma basilare Ignazio La Russa sull’uso da parte di Conte nel discorso a Palazzo Madama per 21 – 25 volte del termine “Paese” e mai “Nazione” e mai “Patria”, sconosciuti sia a lui, a Salvini e a Di Maio. Caso eloquente freschissimo sui contenuti autentici delle proposte sbandierate dalla Stefani: il segretario della sezione trentina della Lega Nord, tale Mirko Bisesti, si è detto pronto a discutere sulla concessione della doppia cittadinanza agli abitanti del Sud Tirolo, per noi Alto Adige.

Ha fatto poi giustizia di un certo incredibile qualunquismo, invalso anche nel settore “patriottico” dello schieramento politico, sulla caduta delle categorie di destra e sinistra, Gaetano Quagliariello, davvero non l’ultimo arrivato per credito storico culturale, nell’osservare che esse “vadano aggiornate [non cancellate e ancora di più demonizzate]”, in quanto “rispondono a idealità e sensibilità radicate che ad un certo punto reclamano tutti i loro diritti”.

Tags: Giuseppe ConteIgnazio La RussaLuigi Di MaioMatteo Salvini
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