La parola “nazione” è tornata nel dibattito pubblico
Con la vittoria elettorale della destra la parola “Nazione” è tornata nel discorso pubblico, non mancando di suscitare reazioni nel mondo intellettuale, sia di sinistra (es. Belpoliti, in La Repubblica, 27 ottobre 2022), sia di diverso orientamento (Campi, Il fantasma della nazione. Per una critica del sovranismo, Venezia, 2023).
Per il primo l’uso della parola Nazione “significa riportare le lancette della storia all’indietro” e porsi al di fuori del dettato costituzionale.
L’analisi del secondo è più articolata: Campi riprende riflessioni già presenti nel dibattito sulla Nazione, sul suo continuo riproporsi quale momento identitario dei popoli: gli esempi più recenti in tal senso sono individuati nel fatto che la Nazione è il criterio politico alla base della moltiplicazione di stati sovrani determinatasi in Europa con la caduta dell’Unione sovietica. Nazione, in questa prospettiva, si contrappone al mito dell’internazionalismo operaio, che a sua volta è stato espressione storica del mito globalista oggi ben presente con altre vesti.
Campi, peraltro, propone uno scenario cupo del rapporto della destra italiana con l’idea di Nazione: a suo parere, la destra italiana è stata ed è “nazionalista più sul piano del linguaggio che su quello concretamente politico; ha cioè sviluppato una visione della nazione intrisa di retorica e sentimentalismo, ma assai poco concreta e fattuale”.
Il concetto di “nazione” come categoria politica
Qui non è possibile dar conto delle forzature ravvisabili in entrambe le posizioni.
È però possibile segnalare un aspetto importante: il dibattito attuale dimostra che, contrariamente a quanto ritenuto a sinistra, la Nazione non è (più solo) un dato meramente culturale, ma è (anche) una categoria politica. Questo secondo aspetto, a suo tempo colto anche da Federico Chabod, è stato meglio precisato, in tempi recenti, da Antony D. Smith con la sua distinzione tra “ethnie“, quale “tipo di identità culturale collettiva” ricorrente nella storia, e la “nazione” moderna, che “può essere considerata una conseguenza ed un particolare sviluppo politico dell’ethnie“.
In questa prospettiva, il concetto di Nazione mira a riassumere l’identità di un gruppo, di un popolo. Essa si distingue dal generico patriottismo, perché non si riduce a mero anelito emozionale, ma istituisce una prospettiva per l’analisi e la costruzione della società di massa in alternativa a quella offerta dal concetto di classe.
Nazione e Costituzione
Al pari di ogni categoria politica, la Nazione è destinata ad assumere un rilievo particolare quando sia accolta dall’ordinamento costituzionale: in questo caso chi la metta in discussione, si pone al di fuori del quadro costituzionale, ossia al di fuori del dibattito politico ammissibile in un determinato contesto storico.
Di qui l’importanza cruciale dell’art. 9 Cost. e delle leggi ad esso riferibili. Riassumo qui un discorso svolto altrove in modo più articolato (Nazione e costituzione, in Centrostudimachiavelli.it): dall’ordinamento giuridico vigente si ricava che nella Nazione si riflette l’azione umana che si dispiega su un determinato territorio, formando così il “paesaggio” ed il “patrimonio storico e artistico”, che l’art. 9 Cost. istituisce quali attributi propri della Nazione. Il radicamento territoriale – che è già implicito nelle nozioni di “paesaggio” e “patrimonio storico e artistico” – della Nazione è sottolineato in Costituzione, in quanto si fa ivi riferimento all’Italia con l’art. 1, e agli italiani – proprio in rapporto alla Nazione e alla Repubblica- nell’art. 51.
Si può così delineare l’idea di Nazione fatta propria dalla Costituzione, e così istituita quale connotato fondativo dello Stato: essa consiste precisamente nell’azione degli esseri umani, che, nel succedersi delle generazioni (la cui rilevanza costituzionale emerge sempre dall’art. 9 cost.), hanno impresso al territorio geografico denominato Italia il segno della loro esistenza materiale e dei loro aneliti ideali, quali si desumono dal paesaggio e dal patrimonio storico e artistico, i quali per tale via proiettano nel futuro la testimonianza di quegli esseri umani. Questo è il nucleo sostanziale del concetto di Nazione, che – già presente da tempo nella cultura politica italiana – è fatto proprio dal quadro normativo vigente.
La Nazione, pertanto, si invera nel “fattore umano” (secondo le parole presenti nel “codice dei beni culturali”), che vive e vivifica il territorio, sia a livello locale, sia nel più articolato luogo geografico denominato “Italia”, in cui la Costituzione insedia la Nazione. In prima battuta, è dunque possibile individuare il “bene costituzionalmente tutelato” nelle generazioni di uomini e di donne, che nella Storia hanno dato vita al Popolo Italiano, posto dall’art. 1 cost. al centro dell’ordinamento.
Non possono, dunque, darsi equivoci: Nazione non è un’astrazione intellettualistica. Nazione è metafora di generazioni di donne e di uomini, delle loro vicende collettive, delle loro credenze, delle loro azioni, della loro fede, dei loro successi, delle loro sconfitte, dei loro errori.
Una visione organica della società
A questo punto non è difficile scorgere nell’idea di Nazione, così radicata nella Costituzione, i segni di riferimenti politico-ideologici ben precisi. Se le premesse che si sono poste sono corrette – come in effetti sono – “bene costituzionalmente tutelato” con l’art. 9 cost. è lo Spirito attualizzato nel divenire della Storia e riassunto nella parola “Nazione”: un volksgeist, che peraltro non è un’astratta ombra mitica, perché si manifesta concretamente nel già ricordato “patrimonio storico e artistico” di cui all’art. 9 cost. Tale volksgeist – ci dice ancora l’art. 9 cost. – continua, pur rinnovandosi, nelle generazioni, alle quali deve, di conseguenza, essere trasmesso insieme alla cultura, di cui è espressione.
Questa prospettazione – corale perché nazionale e popolare – della società si traduce in una precisa strutturazione del rapporto tra individuo e comunità. Anche in questo caso soccorre la costituzione. In particolare, vengono in primo piano gli artt. 3, comma 2, e 4. Il primo stabilisce che “È compito della Repubblica rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale, che, limitando di fatto la libertà e l’eguaglianza dei cittadini, impediscono il pieno sviluppo della persona umana e l’effettiva partecipazione di tutti i lavoratori all’organizzazione politica, economica e sociale del Paese”; mentre, per il secondo “La Repubblica riconosce a tutti i cittadini il diritto al lavoro e promuove le condizioni che rendano effettivo questo diritto. Ogni cittadino ha il dovere di svolgere, secondo le proprie possibilità e la propria scelta, un’attività o una funzione che concorra al progresso materiale o spirituale della società”.
Queste due disposizioni delineano il collegamento organico tra l’azione del singolo e la dimensione identitaria collettiva espressa dalla Nazione.
Mette conto prendere le mosse dall’art. 4 cost., in quanto pone una norma dal valore etico-politico: ciascuno ha il diritto-dovere di svolgere un’attività utile alla società. Ciò significa che, nel disegno costituzionale, ciascuno esterna sé stesso nel “lavoro”, e così concretizza la sua libertà, quando concorre al progresso materiale e spirituale della collettività. In questo concorso al benessere collettivo il cittadino esprime, al tempo stesso, la sua eticità e la sua cittadinanza politica: il lavoro del singolo, infatti, acquista valore etico nella sua utilità per gli altri e con ciò legittima il lavoratore alla “partecipazione all’organizzazione politica economica e sociale del Paese” (art. 3, comma 2, cost.). La Repubblica è chiamata a garantire la coesione nazionale rimuovendo gli ostacoli che – pur storicamente mutevoli – limitano di fatto il rapporto tra persona e gruppo, in cui ha luogo la reciproca realizzazione (v. ancora art. 3, comma 2).
Il quadro, benché sintetico, sembra chiaro: nella costituzione italiana Nazione e Partecipazione si palesano come due facce del medesimo prisma, in una visione organica della società che, sotto tale profilo, affonda le sue radici nella tradizione culturale italiana ed europea.