Ieri sera è morto Giampaolo Pansa, uno dei grandi del giornalismo italiano. Fu sempre un uomo di sinistra, ma intellettualmente onesto e coraggioso nell’esporre le sue idee anche controcorrente e per questo odiato da tanta sinistra. Odiato dall’estrema sinistra quando era a Repubblica e faceva inchieste sul terrorismo, tant’è che le Brigate Rosse lo condannarono a morte (non lo uccisero perchè, un giorno del 1980 quando il commando assassino lo cercò, aveva cambiato orari dell’aereo e mentre lo aspettavano a Milano, Pansa era già arrivato a Roma. Così uccisero Walter Tobagi, un altro dei 3 giornalisti sulla lista della morte). E poi negli anni 2000 odiatissimo da tutta la sinistra per i suoi libri più celebri (Il Sangue dei Vinti, Sconosciuto 1945 e La Grande Bugia) che parlano dei crimini della Resistenza.

Diventarono un grande successo editoriale e dissero da sinistra quel che a destra si sapeva da decenni (tant’è che una delle sue fonti più rigorose e utilizzate erano gli scritti del missino Giorgio Pisanò): che i partigiani avevano ammazzato decine di migliaia di persone, spesso in modo gratuito e brutale, nei giorni immediatamente dopo la fine della guerra. Ne la Grande Bugia sfatò da sinistra i miti fondanti della sinistra italiana: spiegò che la Resistenza non ebbe un ruolo di rilievo nella campagna d’Italia degli angloamericani che avrebbero vinto ugualmente con o senza partigiani, spiegò che i partigiani comunisti non volevano una democrazia in Italia, ma (come è anche logico) una dittatura comunista e per questo combattevano e che gli assassinii di fascisti e presunti tali (ma anche preti, insegnanti, imprenditori) del primo dopoguerra non rispondevano a logiche di vendetta personale, ma a una logica scientifica di presa del potere mediante il terrore.
Da codirettore dell’Espresso quindi passò a editorialista di Libero, ma non fu amato nemmeno a destra. Pansa non era un convertito, fu per tutta la sua vita un uomo di sinistra, libero intellettualmente. E in un’Italia fatta di chiese e di tifosi piacciono i convertiti (retaggio di due millenni di cattolicesimo forse), molto meno gli uomini che scrivono sempre e comunque quello che pensano. Se dovessi descriverlo in una parola direi: fu un giornalista libero. Uno dei pochissimi.