Caro Marco, uso volutamente questa formula non giornalistica ma epistolare perché le riflessioni che affido all’altrui lettura nascono dopo aver letto il tuo articolo di qualche giorno fa nel quale parlavi di Salvini e di “destra dormiente”. Ieri poi, ho affidato a facebook un post, più che altro uno sfogo, nel quale ha detto che il mio percorso è nato nel Msi, è proseguito in An, poi nel Pdl e il tutto con una linearità di pensiero che non mi consente di tornare indietro verso sbiadite fotocopie del punto di partenza. Perché tutto questo? Perché a differenza tua non credo che oggi ci sia una destra “dormiente”, ritengo che ci sia una destra indecisa e indifferenziata, che è peggio.
Nella oramai palese dissoluzione del centrodestra che abbiamo fin qui conosciuto abbiamo la stessa sicurezza nei movimenti di un bimbo che gattona e tenta di alzarsi. Eppure la strada sembrava tracciata fin dalla nascita di Fratelli d’Italia. Chi ha fondato FdI, ed io tra questi, lo ha fatto perché dopo aver attraversato tutti i passaggi storici che hanno caratterizzato la destra italiana, anche i più difficili, ha visto fallire miseramente il progetto che avrebbe dovuto fare del Popolo delle Libertà un grande movimento nel quale sintetizzare le istanze sociali con la voglia di libertà (individuale, culturale, d’impresa ecc.), la tutela degli interessi e la valorizzazione dell’identità italiana con un sistema di relazioni europee e internazionali. Alcuni lo avrebbero definito partito conservatore in chiave moderna, altri partito dei moderati, altri ancora destra, centrodestra, nazionalqualcosa e così via, ma quello era il concetto che ha visto tutta l’ex AN aderire al Pdl.
Da qui la necessità, ravvisata alla fine del 2012, di offrire all’elettorato del centrodestra una opzione coerente, depurata da personaggi indesiderati e squalificati (chissà come mai mi viene in mente Galan) e fresca nella proposta. Non abbiamo accettato di stare da “paria” in Forza Italia, ne di accomodarci su di uno strapuntino governativo con Alfano. Conosciamo tutti le vicende elettorali e come la malasorte, alle scorse europee soprattutto, ci abbia impedito di raggiungere per una piuma la soglia del 4 per cento. Oggi il quadro mi porta a dire che la ricerca del consenso necessario alla crescita di Fratelli d’Italia non può prescindere dal buonsenso. Ipotizzare, come è stato fatto, di creare un rapporto privilegiato con la Lega per ricostruire il centrodestra del futuro (immagino già quanti faranno le pulci alla parola “centrodestra” dicendo che noi siamo “sovranisti”, oppure “identitari”, oppure “nazionalmettetecivoiquellochepiùvipiave”) è cosa buona e giusta. Ma alleanza non vuol dire asse e neppure omogeneità di vedute. Le alleanze si fanno tra diversi ed è qui che casca l’asino. Le parole d’ordine di Salvini e, per quel che vale elettoralmente, di Casapound riecheggiano anche da noi rendendo indistinguibile originale e copia. A meno che non si voglia fare un nuovo partito unico che comprenda Lega Nord, Casapound e FdI che proponga il lepenismo in salsa italica, è necessario, anzi vitale, dire qualcosa di destra che non sia “No agli immigrati” oppure “No all’euro”. Arriviamo secondi o terzi e senza la credibilità dei primi. In altre parole si sta riproponendo il pericolo che correva AN nella Casa delle Libertà, ovvero quello di appiattire il messaggio su quello del Cavaliere al punto da rendere, per l’elettorato di centrodestra, superfluo il voto per la destra. Della serie se posso scegliere, preferisco l’originale, in questo caso Salvini.
Per creare un nuovo polo di aggregazione politica insieme alle Lega, ma senza che FdI sia il parente “povero” occorre riscoprire parte del nostro bagaglio programmatico inespresso. Il target elettorale nel quale ci siamo infilati inseguendo Salvini ed estrema destra è limitato percentualmente ed egemonizzato già dal messaggio leghista. Esiste una fascia molto più ampia, da noi non ancora intercettata, che comprende i delusi da quello che fu il centrodestra. Quella porzione larga di elettorato che stava nella terra di mezzo tra An e Forza Italia, che votava ora Fini ora Berlusconi, c’è poi quella parte di ex elettori di cdx che hanno scelto Grillo, pentendosene subito dopo, c’è la porzione del non-voto. Una prateria sconfinata che non è antitetica rispetto all’alleanza con Salvini ma che è “altro”.
Alcuni messaggi potrebbero essere sintonizzati su quelle frequenze. In tema di riforme e riduzione dei costi dello Stato perché non proporre l’abolizione delle Regioni, vera fonte di sprechi e malagestione puntando sulla istituzione di enti più piccoli, snelli e prossimi al territorio? Renderebbe FdI identificabile, in linea con le pulsioni moralizzatrici dell’elettorato e alleabile ma diverso dai partner della Lega. Nella destra che ipotizzo lo Stato c’è ma fa l’arbitro affinché la libertà di espressione produca anche economia ed offra servizi, quando sento parlare di nazionalizzazione, se non riferita a pochi e specifici asset strategici, mi viene l’orticaria. Quando vedo manifestazioni di piazza in cui la polizia o i carabinieri manganellano i manifestanti penso che l’errore umano o la malafede esista, ma nove volte su dieci so che la ragione sta dalla parte degli uomini in divisa. Quando vedo un uomo in tuta arancione inginocchiato nel deserto e poi distolgo lo sguardo per non vedere il suo carnefice che lo scanna come un capretto penso anch’io che Obama e gli Usa siano, nella migliore delle ipotesi incapaci, nella peggiore colpevolmente responsabili del rigurgito integralista, ma mai penso che il partito della destra italiana possa mettere in dubbio la sua collocazione o la sua determinazione per combattere il terrorismo fondamentalista. Che poi l’Italia debba giocare un ruolo leader diverso da altri Paesi occidentali rispetto al mondo arabo è cosa che sostengo da tempo immemore, ma è argomento che ci porta lontano.
Caro Marco, queste righe, random così come la passione politica mi suggerisce, parlano di una destra che non deve guardarsi indietro ne assecondare le frenesie e le fobie del presente per raccogliere qualche manciata di voti. Senza presunzione, ma anche senza complessi o timori reverenziali ribadisco la sostanza del mio post. Da missino convinto ho seguito, dapprima con qualche perplessità, poi convintamente, il percorso che immaginò Pinuccio Tatarella approdando in Fratelli d’Italia. Nessun pentimento per nessuna delle tappe, ma a patto che si guardi avanti e verso il futuro, la riproposizione di esperienze, slogan, e formule già sperimentate per puntare su percentuali minuscole ma utili per pochi, sarebbe il tradimento più grande verso le nostre idee.
Credo che Giampiero abbia molte ragioni, non tutte. Ad esempio, io ritengo che una regolazione rigorosa dei flussi migratori sia un “contenuto di destra” che noi abbiamo abbandonato negli anni scorsi quando, addirittura, Fini si lancio’ senza paracadute sulla revisione della “Bossi Fini” e sulla cittadinanza agli stranieri. Salvini, in merito, propone demagogiche soluzioni, paraltro inapplicabili, ma il nostro elettorato lo premia anche perche’ la destra è sopita da tempo, quindi inesistente su questi temi. Così come su altri che un tempo caratterizzavano la nostra azione. Ricominciare da battaglie di questa natura non significa adottare quale modello una “fotocopia sbiadita del passato”, ma incarnare coerentemente il nostro “essere destra”.
Sul resto Giampiero ha scritto quello che avrei scritto io e anche l’esempio sulle regioni e’ calzante. Soprattutto in questo momento. Durante un convegno regionale di FDI, tenutosi sul lago di Como quest’estate, ho provato a rilanciare una riflessione sulla nostra presenza nelle regioni e sulla opportunità di perseguirne la loro cancellazione. Apriti cielo! La difesa, peraltro priva di senso, di qualche nostro rappresentante in quelle istituzioni è stata deprimente. Eppure il tema sarebbe, particolarmente in questo momento, accolto con favore dall’opinione pubblica e a proposito di fotocopia sbiadita del passato non voglio dimenticare le barricate innalzate dall’allora MSI proprio contro l”istituzione delle regioni già allora identificate come centro di spreco.
Anche questo sarebbe “parlare di destra”, acquisendo visibilità soprattutto nei confronti della Lega.
L’articolo a firma del Dr. Cannella è permeato da quella vena di malinconia che – purtroppo – serpeggia in chi, rimasto profondamente deluso dagli altrui comportamenti, ha toccato con mano la violazione di idealità pur importanti. La stessa disillusione affettiva provata da chi possa “credere” in un rapporto affettivo o umano o lavorativo ovvero sociale, “investendovi” con passione ed energia. Innanzitutto intellettuale ancorché dell’intimo.
Per quel po’ che è il comune vissuto di chi segue – o seguiva: appunto, prima delle amare e cocenti “disillusioni” – la politica italiana, lo scritto del Dr. Cannella evidenzia delle verità oggettive: tali da poter essere agevolmente condivise ovvero condivisibili.
Ma l’appello che, tramite questo short mi sento di rivolgere – pur se in linee generali, e pertanto verso tutte le posizioni – è talmente semplice da risultare forse banale: le diagnosi, attente e sempre più precise e incisive, sono ormai di una precisione chirurgica e quindi spietate.
Abbiamo ora bisogno che uomini e donne volenterose si rimbocchino – materialmente – le maniche, formulando ipotesi operative basate su progetti percorribili e quindi su programmi affrontabili. Non fa niente che queste formulazioni possano fare riferimento a forze apparentemente esigue o fors’anche numericamente poco rappresentative: l’importante è esserci, far sentire la propria voce, proporre soluzioni e quindi offrire alternative.
I Cittadini sono meno disattenti di quanto si possa credere: sapranno ascoltare, recepire – forse lentamente, all’inizio – e infine scegliere.
I “costruttori” raccolgono sempre più consensi di quanti vogliono prima “distruggere” per poi “costruire” un qualcosa di nuovo: ma sempre e comunque indefinito.
Complimenti all’Autore, quindi, per questa sua analisi: che, mi auguro, susciti quelle giuste re-azioni utili a dare origine ad un confronto più ampio e pubblico.
Cordiali saluti.
Giuseppe Bellantonio
Roma
Condivido largamente. Solo mi chiedo come si possa anche solo ipotizzare che quelli del “seggio” a tutti i costi, fino a prostrarsi a Fini e a Berlusconi promuovano, per esempio, l’abolizione delle Regioni, l’ultimo approdo rimasto, per quanto illusorio.