Dopo Gran Torino, incentrato sulla figura di un reduce della guerra di Corea, e lo struggente Letters from Iwo Jima, la terribile battaglia vista con gli occhi dei giapponesi, Clint Eastwood torna sul tema della guerra. Ancora una volta dalla parte dei soldati, dei combattenti, degli uomini in prima linea. Senza retorica e fanfare. Senza buonismo. Con autentica pietas.
Ecco allora American Sniper, in uscita in Italia il primo gennaio. È la storia (vera) di Chris Kyle, cecchino dei Navy Seals in Iraq. Nel corso di quattro missioni, Kyle divenne per la sua micidiale abilità una vera leggenda. Come racconta Eastwood, il militare «Faceva quello che chiamano un lavoro copertura: uno che viene chiamato a proteggere i marine, i Navy Seals, i soldati dei vari rami dell’esercito. Andava dove avevano bisogno di cecchini, li chiamano quando succede qualcosa di drammatico. Dicono che abbia ucciso 160 persone ma forse erano molte di più. Pensava di fare la cosa giusta anche se era pieno di dubbi, è normale quando fai quel tipo di lavoro, a volte ti chiedi che cosa stai facendo. Nel film, altri personaggi mettono in discussione la moralità della guerra ma Chris è sempre messo nella posizione di doverla difendere, anche se non è mai sicuro. Questo vuol dire che sia un eroe? Non so».
Basandosi sull’autobiografia di Kyle, il regista ha voluto raccontare non solo i combattimenti ma anche (e soprattutto) il tormentato ritorno alla normalità, alla vita familiare. Un intreccio di gioia e incubi, sollievo e angosce. Silenzi. È la parte più sofferta e difficile. Più vera. «American Sniper per me è stato interessante perché sono entrato anche nel dramma della famiglia che si affianca a quello della guerra, c’erano molti aspetti, in questa storia, che avevo voglia di indagare, ad esempio in che modo Chris e sua moglie abbiano tenuto in piedi il loro matrimonio nonostante gli anni che lui ha trascorso al fronte». Il risultato è un film duro e lirico. Un grande film. Sconsigliato ai guerrafondai da operetta e ai pacifisti d’ogni tinta. Grazie Clint.
G. Gaiani/ L’Occidente è sempre più stanco della guerra
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