“Grande è la confusione sotto il cielo, quindi la situazione è eccellente”. Se riferita alla situazione politica campana alla vigilia delle elezioni amministrative, solo la prima parte della celebre affermazione di Mao corrisponde a realtà, in particolare se si guarda in direzione del centrodestra, soprattutto in quel di Napoli. Nel capoluogo regionale particolarmente travagliato – come ormai da consolidata tradizione nazionale – è stato il percorso che ha portato il centrodestra ad individuare il suo candidato sindaco: il magistrato Catello Maresca. Nome divisivo, considerata la sua appartenenza alla corrente di sinistra della magistratura, nonché particolarmente inviso ad ampi settori della destra napoletana: Maresca, infatti, in veste di pubblico ministero ha rappresentato l’accusa nel maxi processo a carico degli esponenti partenopei di Casapound, giudizio conclusosi nel 2019 con 35 assoluzioni.
Superato questo primo scoglio, la candidatura di Maresca ha dovuto fare i conti con un evidente deficit di competenza e capacità della macchina organizzativa del centrodestra napoletano: ben tre formazioni sono state escluse dalla competizione elettorale per vizi nella documentazione presentata (o, in qualche caso, per aver presentato documentazione incompleta). Oltre due civiche, fuori è finita anche la lista “Prima Napoli”, sigla con cui la Lega ha deciso di prendere parte a questa tornata elettorale in Campania (declinandola, ovviamente, in “Prima Salerno”, “Prima Caserta”, Prima Benevento”). Una débacle clamorosa, che complica notevolmente la vita al candidato Maresca. A questo non certo brillante risultato si è aggiunto anche il disastro rimediato da Fratelli d’Italia nelle municipalità: otto liste su dieci sono state escluse. Frutto avvelenato delle tensioni presenti all’interno del partito napoletano, sfociate anche in una plateale rissa.
A “certificare” lo stato di profonda sofferenza del centrodestra napoletano ci sono, poi, due recenti prese di posizione: Giuliano Urbani, cofondatore di Forza Italia e ministro del primo esecutivo Berlusconi, ha dichiarato dalle colonne de Il Mattino il suo voto in favore di Antonio Bassolino (in corsa con un’aggregazione civica distinta e distante dall’alleanza Pd – M5S); un’apertura di credito nei confronti dell’ex governatore campano è arrivata anche da Amedeo Laboccetta, storico esponente della destra partenopea. Tanto Urbani quanto Laboccetta hanno sottolineato come Bassolino “sia l’unico a far politica”, modo elegante per evidenziare – a loro giudizio – l’inerzia e l’incapacità di radicamento territoriale del centrodestra, oltre che – naturalmente – la realtà verticistica del Pd e del M5S.
Meno complessa, ma non per questo rosea, la situazione negli altri capoluoghi campani. In quel di Salerno i sondaggi della vigilia danno il candidato del centrodestra – individuato, come al solito, con grande ritardo e non poche tensioni – al terzo posto, fuori da un ballottaggio già di per sé poco probabile. Anche alcune scelte nella composizione delle liste hanno contribuito a rendere non particolarmente attraente la proposta del centrodestra: si è passati, infatti, da un dibattitto a tratti surreale sulla possibile candidatura della pornostar Priscilla Salerno nella lista “triciclo” formata da Forza Italia, Udc e Nuovo Psi (segno di per sé della debolezza di queste compagini) all’inserimento nella lista di Fdi di un paio di consiglieri – transfughi della maggioranza di centrosinistra – dotati però di buon patrimonio di consensi. Decisione, quest’ultima, che ha provocato non pochi malumori in numerosi esponenti della destra cittadina.
Situazione migliore per il centrodestra in quel di Caserta, dove il candidato sindaco della coalizione – il leghista Zinzi – è in testa ai sondaggi, anche se non accreditato di una vittoria al primo turno. E qui iniziano le difficoltà: in caso di ballottaggio ago della bilancia potrebbe essere l’ex sindaco Pio Del Gaudio: alla guida della città nel 2011 con il Popolo delle Libertà, travolto da una vicenda giudiziaria conclusasi con l’archiviazione, ed oggi al ritorno sulla scena politica casertana. Secondo molti osservati tutto tranne che una spalla sicura per il centrodestra.
Storia tutta a sé quella del quarto capoluogo campano chiamato alle urne ad ottobre: a Benevento la vecchia volpe democristiana Clemente Mastella è riuscito a “spacchettare” il centrodestra, conquistando il sostegno di Forza Italia alla propria candidatura, mentre Lega e Fratelli d’Italia hanno dato vita ad una coalizione “sovranista”.
E dall’altra parte? Il dato più evidente è certamente il comportamento schizofrenico del Movimento 5 Stelle a guida Conte: a Napoli alleato del Pd, a Salerno schierato contro il candidato espressione del governatore campano (anche se qualche voce di corridoio già sussurra di un accordo di desistenza tacita già raggiunta in vista di un accordo post elettorale). Sempre in quest’ultima città il M5S targato Conte dovrà fare i conti anche con una lista di “grillini dissidenti”, scesi in campo con un proprio candidato sindaco rivendicando la continuità con il movimento delle origini.
L’elemento più interessante a sinistra resta, però, il ritorno in campo di Antonio Bassolino. L’ex primo cittadino di Napoli nonché governatore della Campania, ha riportato sul campo della contesa elettorale un vecchio stile di fare politica: ai selfie ed alle piazze virtuali Bassolino ha sostituito i faccia a faccia nelle piazze e sui luoghi di lavoro, in una campagna condotta battendo il territorio palmo a palmo, ascoltando le istanze che da esso provengono e provando a farsene interprete. E così non c’è solo una parte del Pd a sostenere – segretamente – l’ex sindaco nella speranza di ridimensionare lo straripante De Luca, ma anche tra diversi esponenti dell’altra parte del campo nascono simpatie trasversali, fondate su un comune modo di intendere ed interpretare la politica. Tutt’altro che virtuale.