“Sono rimasto sino al ’45 perché non me la sono sentita di passare dalla parte degli inglesi”.
Così, come se si trattasse della cosa più naturale del mondo, Emilio Bianchi spiegava per quale motivo, da prigioniero degli Inglesi, dopo l’8 settembre si fosse rifiutato di passare dalla loro parte.
Non era affatto una scelta facile: passare dall’altra parte voleva dire rientrare in Patria entro pochi mesi e riabbracciare la famiglia; restare fedeli alle proprie scelte e alle proprie convinzioni significava invece la prigionia ancora più dura e fino alla fine.
Bianchi non ebbe dubbi e decise di rimanere prigioniero e nemico degli Inglesi, nonostante partendo per la missione di Alessandria avesse lasciato in Italia la giovane moglie incinta della sua primogenita Maria Elisabetta (che nel 2004 sara’ la madrina del nuovo sommergibile Scire’) che potrà conoscere solo al suo rientro, alla fine del 1945, quando la bimba aveva già compiuto 4 anni.
Bianchi fu l’unico dei sei eroi di Alessandria a rifiutare la collaborazione con quello che per lui era rimasto il nemico; tutti gli altri rientrarono in Italia all’inizio del 1944 e furono subito decorati per la loro impresa, unendosi poi a Mariassalto, la denominazione assunta dai reparti della X MAS schieratisi con la Regia Marina cobelligerante.
Il suo ufficiale comandante Luigi Durand de la Penne, aristocratico marchese genovese di fede monarchica (come la maggioranza degli ufficiali della Regia Marina) non ebbe, ovviamente, nessuna esitazione nel fare la scelta opposta.
Con una trovata ad effetto del principe Umberto, Luogotenente del Regno, fu l’ex comandante della Valiant Charles Morgan, divenuto nel frattempo ammiraglio, ad appuntare la Medaglia d’Oro sul petto di Durand de la Penne (il quale, in realtà, lo detestava per il trattamento ricevuto sulla Valiant e per il fatto che gli fossero stati sottratti, e mai restituiti, i suoi effetti personali.)
Situazioni lontanissime da Emilio Bianchi, uomo tutto d’un pezzo nato a Sondalo, in Alta Valtellina, schivo e sobrio come tutti i montanari, che si era arruolato in Marina a 17 anni per girare il mondo e vivere nella realtà le avventure che aveva letto nei libri di Salgari e Stevenson.
Ci era riuscito perfettamente, probabilmente ben al di là di quanto avesse immaginato.
Dopo la guerra fu promosso ufficiale e resto’ in Marina fino alla pensione, ammirato e rispettato da tutti.
Ebbe solo un grande rammarico: che nella ricostruzione dell’impresa di Alessandria nessuno abbia tenuto conto del suo punto di vista ne’ abbia dato al suo contributo il giusto valore.
Non la Marina, che addirittura non chiese mai il suo rapporto, né il comandante Borghese nelle sue memorie e neppure i numerosissimi storici, scrittori e giornalisti che in vario modo e per le più diverse ragioni si sono occupati di quei fatti.
Tutte le ricostruzioni dell’attacco alla Valiant si basano sulla relazione e su quanto riferito da Durand de la Penne, che riservo’ per se’ la parte del protagonista assoluto, verosimilmente con una certa dose di esagerazione.
In realtà anche il ruolo di Emilio Bianchi fu determinante per il successo della missione: fu lui, ad esempio, a permettere al maiale 221 di superare la doppia barriera anti siluri che circondava la nave; un ostacolo inaspettato (era prevista una sola rete, non due) che solo grazie al suo intervento e ad una difficile manovra da lui condotta fu superato.
L’avaria del suo respiratore gli impedì solo di perfezionare la fase finale dell’attacco e di collaborare all’innesco della carica esplosiva.
Bianchi cerco’ di fare valere le sue ragioni, ma sempre pacatamente e senza polemiche.
Pubblico’ il suo racconto dei fatti presso un piccolo editore di Viareggio e scrisse per l’Ufficio Storico della Marina una relazione di sei pagine rimasta sino ad ora ignorata.
Come sempre in Italia, purtroppo, chi ha dato ha dato e chi ha avuto ha avuto, come gli fece capire all’inizio degli anni 2000 quel Capo di Stato Maggiore della Marina che, rispondendo ad una sua lettera, gli scrisse che oramai era tardi per rinvangare vecchie storie.
Durand de la Penne, divenuto nel dopoguerra ammiraglio, quindi deputato per molte legislature (prima democristiano poi liberale) e anche sottosegretario in un governo Andreotti non rispose mai alla sua richiesta di spiegazioni. E di certo la sua influente posizione non giovo’ alle ragioni di Emilio Bianchi.
Ora che anche l’ultimo degli eroi di Alessandria è passato definitivamente alla storia è auspicabile che la Marina prenda finalmente in considerazione la sua relazione e, senza nulla togliere al valore degli altri, riconosca anche ufficialmente il suo ruolo effettivo nell’impresa.
Un piccolo debito che non può più rimanere in sospeso.
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