L’ultima strage di immigrati nel Mediterraneo ha riproposto in molti l’immagine di una Europa sorda alla reale collaborazione e solidarietà tra gli Stati membri. A questo si aggiunge l’egoismo della Germania che, in campo economico, impone diktat irricevibili per molte nazioni europee. In politica estera assistiamo alla totale mancanza di una strategia unitaria, favorita dall’assenza di un esercito comune, come nel recente caso della crisi siriana. Una fredda moneta comune, per altro fonte più di problemi che di benefici, difficilmente può unire i destini dei popoli europei.
Tutto questo non è solo attualità. La speranza di una “Europa nazione”, cantata nelle piazze da tanti giovani dal secondo dopoguerra in poi, sembra essere un sogno che difficilmente trova un riferimento nella complessa storia del vecchio continente. Odi, egoismi e tradimenti sono una costante della storia europea. Soltanto in rari momenti i popoli e gli Stati europei hanno avuto il buon senso di essere una “comunità di destino”. Uno di questi fu a Lepanto, il 7 ottobre 1571.
Fu una gran fatica per papa Pio V riuscire a creare la Lega Santa, una flotta di contingenti spagnoli, genovesi, veneziani, pontifici, toscani, tedeschi e maltesi (ma tanti erano i soldati di altre regioni d’Europa). Pio V dovette far fronte a contrasti apparentemente insanabili tra gli Stati cattolici. Ma era il momento dell’unità perché la potenza ottomana minacciava ormai l’Europa. La piazzaforte veneziana di Famagosta, a Cipro, dopo un’eroica difesa cadde in mano ai turchi che fecero strage di cristiani accanendosi soprattutto contro il comandante della guarnigione Marcantonio Bragadin, torturato e scorticato vivo per aver rifiutato la conversione all’islam. Era arrivato il momento di reagire.
Il comando della flotta della Lega Santa fu affidato dal papa a Don Giovanni d’Austria, fratello di Filippo II. Benché poco esperto di guerra navale, Don Giovanni dimostrò di avere capacità tattiche e di comando eccezionali. Cosciente delle difficoltà nel far combattere fianco a fianco contingenti spesso contrapposti in altre guerre, l’ammiraglio spagnolo costituì squadre composte da navi di varie nazionalità, per evitare che in combattimento un contingente nazionale abbandonasse il campo di battaglia. Lo scontro tra le due flotte avvenne la mattina del 7 ottobre nei pressi del golfo di Lepanto. La superiorità numerica dei turchi fu controbilanciata dalla supremazia tecnologica delle navi veneziane, le galeazze, e della forza del tercio spagnolo imbarcato. La flotta turca si dispose a mezzaluna con la precisa volontà di accerchiare il nemico. La flotta cattolica assunse lo schieramento tradizionale, quasi a forma di croce. La battaglia fu cruenta, la strategia di Don Giovanni si rivelò vincente in quanto le due ali laterali tennero mentre al centro la vittoria cristiana fu schiacciante. Nessun contingente tradì, nemmeno il genovese Gian Andrea Doria, comandante dell’ala destra, la cui manovra improvvisa e alla fine vincente fu giudicata erroneamente come una fuga dal campo di battaglia.
Senza voler cadere in certa retorica occidentalista e neocon sullo “scontro di civiltà”, la battaglia di Lepanto segnò la fine dell’espansione musulmana nel Mediterraneo e la conseguente libertà dei popoli europei cristiani. L’Europa più che vincere i turchi vinse se stessa. Vinse contro l’atavica tentazione di essere divisa, vinse gli egoismi dei popoli che la compongono. Vinse perché trovò, nonostante le differenze, quei tratti comuni per cui vale la pena unirsi e quando serve anche combattere: il medesimo credo religioso, gli interessi economici, la libertà da una potenza straniera come quella ottomana. Vinse perché oltre alla tattica militare e alla tecnologia ebbe l’umiltà di affidarsi al suo Dio ed ai suoi Santi. Perché la storia dell’uomo non è solo la somma della sue scoperte scientifiche.
Quando l’Europa ritroverà lo spirito di Lepanto una luce illuminerà le fredde stanze di Strasburgo e Bruxelles. La stessa luce che apparve a Pio V il pomeriggio del 7 ottobre come segno della vittoria a Lepanto. E sarà vera unione.