L’esposizione parte dalle metropoli immaginate da Antonio Sant’Elia per ritrovare Angiolo Mazzoni e Adalberto Libera, due protagonisti della architettura razionalista degli anni Trenta. Entrambi infatti si sono cimentati con programmi utopici, il primo con alcuni edifici presenti nelle “città di fondazione” dell’Agro Pontino e il secondo nella grande realizzazione dell’EUR42, l’Esposizione Universale voluta da Mussolini e annullata dalla guerra. A corredo le tavole scenotecniche di Tullio Crali e Quirino De Giorgio, gli aeropittori futuristi.Dal catalogo Utopia/Utopie
“La parola utopia deriva dal greco οù “non” e τόπος “luogo” e significa “non-luogo”. Il termine coniato da Tommaso Moro nel 1516, porta con sé un doppio significato, dovuto all’identica pronuncia in inglese di utopia e eutopia, che vuol dire “buon luogo”.
L’utopia diventa così il “buon luogo” che si pone come modello, talvolta interpretato come qualcosa di auspicabile ma irrealizzabile o inaccessibile o altrimenti inteso come un’occasione capace di orientare forme di rinnovamento sociale.
Se traslato nel Novecento questo duplice significato potrebbe connotare da un lato un progetto con esigua possibilità di realizzazione (che non ha luogo) e che riguarda in gran parte il pensiero futurista, i cui artisti sognano il futuro senza per questo essere condannati all’impegno di renderlo possibile. Dall’altro gli anni tra le due guerre mondiali sono stati caratterizzati da quella che è stata chiamata la costruzione dell’utopia: in un periodo fecondo per la storia dell’architettura italiana, si assiste al processo – faticoso e contradditorio – di fattibilità di un’idea: l’utopia non si presenta più come metafora, come nelle visioni di Sant’Elia, ma si fa concreta e verificabile, si trasforma in politica attiva, in azione consapevole, come ad esempio nell’edificazione di città in un paesaggio urbano e rurale trasfigurato alla cui costruzione contribuiscono figure come Angiolo Mazzoni e Adalberto Libera.
Lo slancio verso l’utopia della città che non c’è attraversa tutta la prima parte del secolo scorso grazie ad alcuni pionieri che l’hanno sognata, immaginata, progettata, realizzata. Dal 1914 e fino al 1934 proclami di intenti hanno contrassegnato alcune fasi dell’opera futurista, originando un complesso assortimento di aperture a nuove ipotesi teoriche.
Umberto Boccioni come medium, in una sorta di visione profetica, intuisce la città che sale, che monta alla stregua di un cavallo imbizzarrito. Antonio Sant’Elia, considerato poi dai suoi epigoni rivoluzionario e preveggente, la immagina verticale e trionfante. Tullio Crali e Quirino De Giorgio al principio degli anni Trenta, pur non assumendo il ruolo di guide, aderiscono alla poetica futurista situando i loro disegni dentro una possibilità indefinita che sfugge alle norme convenzionali della produzione artistica del tempo. Fortunato Depero negli stessi anni identificherà New York con la metropoli delle macchine, all’interno della quale il movimento, i mezzi di trasporto e la velocità, molto più degli edifici, caratterizzano il contesto urbano.
Per contro molti architetti nel periodo tra le due guerre hanno in parte contribuito alla costruzione materiale dell’utopia, che si snoda dalla edificazione delle città nuove nell’Agro Pontino sino al nuovo quartiere sorto in vista dell’E42.
Nicoletta Boschiero
LA CITTA’ UTOPICA
DALLA METROPOLI FUTURISTA
ALL’EUR 42
Casa d’Arte Futurista Depero
Rovereto. Sino al 25 settembre
E-Mail info: info@mart.trento.it
Sito ufficiale: http://www.mart.tn.it/