Libro efficacissimo è questo di Emilio Gentile, in cui si affronta il tema delicato quanto scottante quanto volutamente sottovalutato, tutto e solo italiano, della “democrazia recitativa”.
E’ già eloquente che non siano mai nominati perché contro i due egolatri di questa versione anomala ed impropria di “governo del popolo” Berlusconi e Renzi, è elevato un muro invalicabile di dissenso e di bocciatura della loro condotta, della loro linea operativa, delle loro ambizioni, che non sono state e non solo altro che velleità.
Gentile, in questa nuova fatica, in linea per preparazione, solidità documentaria e densità con le altre, ripercorre la presenza di capi, di folle, di governanti e di governati, “presenti nelle vicende umane fin dagli albori della storia”.
Nei 7 capitoli intitolati, “Nelle capitali della folla antica”, “La folla dei moderni”, “Rivolta di folla, rivoluzione di capi”, “Folle rivoluzionarie”, “Nell’era delle masse”, “Il vecchio e il giovane”, sono recati esempi calzanti della percezione ed interpretazione dei “rapporti fra il capo e la folla in situazioni democratiche”.
Gentile ha ragione nell’osservare che “il significato delle parole usate nel corso dei secoli per denominare i governati è determinato dal contesto in cui esse appaiono e dal senso loro attribuito da chi le adopera, spesso spregiativo o elogiativo”.
Si tratta di una storia sempre più frastagliata e più articolata, perché più intensamente vissuta e più fittamente popolata logicamente negli scorsi due secoli e nell’attuale. Questo nuovo volto è provato con l’affermazione “Folla e massa sono parole entrate nel linguaggio politico con la Rivoluzione americana e la Rivoluzione francese, per definire le moltitudini sempre più numerose coinvolte nella lotta politica e nella organizzazione dello Stato”.
Gentile guarda ai trascinatori sia in positivo (i giganti) sia in negativo (i demoni), alludendo soltanto ai nani e alle comparse. Cruciali sono due passaggi del prologo, poi nel testo ampiamente corredati e suffragati.
“Secondo molti osservatori – è il primo – tra i fenomeni più rilevanti dell’attuale malessere della democrazia vi è la tendenza alla personalizzazione della politica nella figura del capo, che stabilisce un rapporto diretto con la folla”.
Dopo aver rammentato i casi ottocenteschi di Napoleone e del nipote Luigi Napoleone e quelli del XX secolo, italiano e tedesco, all’autore non può sfuggire che nel Novecento “ci sono stati capi che hanno usato la personalizzazione del potere per salvaguardare la democrazia” (Roosevelt, Churchill e De Gaulle). Ed a proposito dello statista inglese non può essere dimenticato il suo destino politico, culminato il 25 luglio 1945 con la sconfitta alle urne dai suoi antagonisti laburisti, lontano, sulla cresta del successo di “salvatore dell’Inghilterra e della democrazia”, dalla tentazione di pilotare la sua riconferma con norme elettorali speciali.
Oggi, purtroppo, l’Italia è distante miliardi di anni luce da questa democrazia autentica. Spadroneggiano movimenti , che pretendono di possedere un DNA di “partito guida e federatore [di alleati derisi e dileggiati]”, ed altri, fondati su una struttura plebiscitaria asfissiante. Sono identici per il vuoto di idee e di principi e per i disegni assolutistici – illiberali.
Si vive – onestamente è arduo non riconoscerlo – “in “una “democrazia recitativa”, dove la politica diventa l’arte di governo del capo, che in nome del popolo muta i cittadini in una folla apatica, beota o servile”.
EMILIO GENTILE, Il capo e la folla, Roma – Bari, Laterza, 2016, pp.220. Euro 19,00