In “Il mago di Oz”, una ragazzina di nome Dorothy attraversa una landa fatata, in compagnia di personaggi da fiaba, sino a scoprire che gran parte di tutto quello che i personaggi di quella terra credono è un’illusione. Non è dato sapere se Gennaro Malgieri abbia le doti canore di Judy Garland: la sua avventura nel bosco jungeriano ha comunque un esito non dissimile da quello della bimba dalle scarpette di rubino, e dei suoi compagni d’avventura, sulla strada dai mattoni gialli. Così come l’egemonia culturale di sinistra – o, come la definisce l’Autore, “freudo-marxista” – non ha consistenza dissimile da quella dello strapotere del sedicente “Meraviglioso Mago di Oz”.
“Colloqui (1974-1991). Attraversando il bosco”, collezione di incontri con tredici autorevoli eresiarchi (dedicata ad altri quattro: Accame, Buscaroli, Erra, Gianfranceschi), è come il romanzo di Baum: la storia d’uno smascheramento. La disamina che Malgieri fa – sin dal capitolo introduttivo, “Cultura e libertà” – della pantomima “freudo-marxista” è spietata, aggressiva, senza scadere nell’invettiva e nell’insulto.
Tutti gli incontri sono rivelatori, illuminanti (anche perché anti-illuministi), avvincenti (forse un poco fuori dal mondo l’intervista a de Tejada y Spinola sul carlismo): dall’atmosfera sognante del dialogo (lampi, suggestioni, più che un colloquio organico) con Enrst Junger all’ironia dell’incontro romano col francese fascistissimo Maurice Bardèche, dalla cultura raffinatissima di Vittorio Vettori alla preveggenza apocalittica di Massimo Fini.
Si tratta di dialoghi intelligenti, assieme a grandi eruditi che, della loro cultura, hanno fatto non una facciata con la quale arrogarsi una (presunta) superiorità intellettuale, ma hanno costruito dei discorsi: purtroppo spesso inascoltati, con le conseguenze che chiunque (ne abbia l’onestà) può osservare.
Onestà che è sempre mancata, a una certa “intellighentsia”, tanto fragile quanto dominante: la cui supremazia si è basata anche su atteggiamenti che non è improprio né esagerato definire mafiosi: i tentativi intimidatori, le pretese di silenzio, le calunnie, soprattutto le mistificazioni hanno sempre abbondato; quelli con cui Malgieri apre un paragrafo del capitolo introduttivo (“Lambro/Hobbit”, raccolta di invettive contro i movimenti giovanili di destra degli anni ’70, con la quale degli impiegati di Arcana Editrice, tanto coraggiosi da radunarsi sotto lo pseudonimo Giuseppe Bessarione, rilevarono “l’urgenza” di reprimere il neofascismo italiano; “La cultura di destra”, pamphlet col quale lo sventurato professore Furio Jesi, già mistificatore di Spengler, allievo ingrato di Kerényi e diffamatore di Eliade, sminuiva forzatamente l’oggetto della sua indagine, definendolo “un miscuglio di Liala ed Evola”) sono soltanto due esempi, ma rappresentano bene la foga denigratoria, la tracotanza discriminatoria, la modalità camorrista che qualsiasi proposta culturale estranea al solito dogmatismo doveva, e deve ancora, affrontare.
I due incontri con Alain de Benoist risalgono al 1979 e al 1989: ma le sfide, i problemi, le questioni del fautore della “Nouvelle Droite” sono tuttora validi: vuoi perché il filosofo di Tours già allora vedeva oltre il Duemila, vuoi perché pur essendosi trasformata in iper-liberismo la sinistra non ha cambiato atteggiamento, vuoi perché in quarant’anni abbondanti gran parte della destra (quella europea, ma ancor più e ancor peggio quella italiana) non ha trovato un momento solo per ascoltare le pur potenti voci intervistate da Malgieri.
Testimonianza preziosa, la galleria di “Attraversando il bosco” offre al lettore un manuale di sopravvivenza: al conformismo, all’appiattimento, al nulla che avanza, al dogmatismo e ai “santini”. Vi si possono leggere quelle che, nel mondo del pensiero unico, sono “eresie”: dalla sufficienza con cui Vittorio Vettori liquida Leonardo Sciascia, alla disinvoltura con cui Maurice Bardéche parla di cosa realmente è il fascismo, sino alla centralità dell’anti-egualitarismo nel pensiero e nell’opera di Alain de Benoist – un atto di coraggio quasi folle, in un Occidente che da tre secoli considera una palese assurdità quale l’eguaglianza universale, come un principio indiscutibile; ma tanto più necessario, in un momento nel quale il partito che tiene il gioco delle alleanze governative in Italia dimostra quanto sia dannosa la menzogna del principio “uno vale uno”.
“Attraversando il bosco” è un manifesto politico, sinceramente schierato, apprezzabilmente fazioso; ma va ben oltre la destra – gli incontri non sono tutti con personaggi “di destra” (per esempio Massimo Fini; oppure Andrej Sinjavskji, soprattutto un testimone di cosa è stata l’Unione Sovietica), e la presentazione include pareri intelligenti di chi da sinistra (vi sono citazioni da Edoardo Sanguineti, Fabio Mussi, Lucio Villari) ha avuto l’onestà e il coraggio di guardare e andare oltre i dettami, le imposizioni, l’ottusità dei maestrini di turno: dal “freudo-marxismo” alla Scuola di Francoforte, dal maggio ’68 al ristagno degli anni ’80 sino alla terrificante situazione (non-)culturale di oggi. “Formidabili quegli anni” diceva Mario Capanna? Sì, gli anni in cui si poteva parlare assieme a Freund di Schmitt, o andare sulla tomba di Federico II con Junger. Ora ci sono i semicolti dell’opinionismo su Facebook, i seguaci automatizzati di Obama e Biden, gli sfruttatori dell’immigrazionismo e i servi dell’europeismo. I “Colloqui” di Malgieri sono una testimonianza da tener viva, per restare alternativi al grigiore della psichiatria arcobaleno e dei suoi sbirri straccioni.
Gennaro Malgieri, “Colloqui (1974-1991). Attraversando il bosco”
Edizioni Solfanelli, Chieti 2020
146 pgg., 12 euro