Il confine orientale d’Italia è, ancora una volta, minacciato. Questa volta non sono gli unni di Attila o i turchi (come nel Cinquecento) e neppure i germanici o il blocco sovietico (come nel Otto-Novecento) ad insidiare il Friuli Venezia Giulia, ma bensì un imponente esercito di disperati pronto a penetrare nel cuore dell’Europa attraverso il Tarvisiano.
L’allarme arriva dal prefetto di Gorizia Vittorio Zappalorto. Funzionario esperto di immigrazione, Zappalorto fotografa la situazione con estremo realismo: «In questo momento ci sono almeno centomila afghani accampati da settimane nei boschi della Serbia, non lontano dal confine con l’Ungheria. Il governo serbo ha sotto controllo la situazione ma è chiaro che non può garantire il totale contenimento di queste persone. Inoltre, se altri profughi, com’è probabile, dovessero aggiungersi, sarebbe impossibile contenerli tutti».
Sino a qualche settimana fa l’itinerario dei clandestini passava che dall’Ungheria e da qui al confine con l’Austria. Ma il governo magiaro ha blindato le sue frontiere — e sta costruendo un muro alla frontiera con la Serbia — e quindi l’invasione punterà su Tarvisio e la Carnia.
La polizia prevede che, una volta terminato il Ramadam, si scatenerà una nuova, massiccia ondata. Le prime avvisaglie sabato scorso: nel Tarvisiano sono stati fermati 49 clandestini, afghani e pachistani; polizia di frontiera e carabinieri ne hanno trovati complessivamente 34. Altri sette sono stati rintracciati a Chiusaforte. Gli ultimi otto vagavano nella zona della stazione di Tarvisio, e sono stati bloccati dalla Polfer.
Il Friuli Venezia Giulia dunque di nuovo confine, trincea e barriera. Peggio che ai tempi della “cortina di ferro”.