Si riapre nei Balcani la disfida dei gasdotti tra Bruxelles e Mosca, un vero e proprio risiko energetico. La notizia è decisamente importante: il progetto del South Stream, cancellato nel 2014, torna nuovamente d’attualità. Ungheria, Serbia e Russia vogliono, infatti, rilanciare l’idea del metanodotto tanto inviso all’Unione europea. Nei giorni scorsi a San Pietroburgo si sono incontrati Peter Szijjarto, ministro degli Esteri d’Ungheria, il suo omologo serbo e premier ad interim, Ivica Dačić, quello russo, Sergei Lavrov. E soprattutto il potente numero uno di Gazprom, Alexei Miller.
Per l’agenzia di stampa ungherese Mti, sul Baltico si è discusso proprio del rilancio del South Stream. «Serbia, Russia e Ungheria stanno riannodando il dialogo per la costruzione di un gasdotto che rifletta in parte il percorso originario di South Stream», ha informato l’agenzia riportando dichiarazioni di Szijjarto. Il ministro magiaro ha confermato che per Budapest la «costruzione rapida di un altro gasdotto è d’interesse fondamentale». Budapest contatterà quanto prima la Commissione europea, oltre alle autorità della Bulgaria – perno fondamentale per l’eventuale realizzazione dell’opera – per discutere i prossimi passi. Una decisione che di certo non piacerà a Bruxelles ma per Szijarto gli eurobrucrati non possono «scovare argomenti realistici contro questo gasdotto».
Dal Cremlino è giunta subito la benedizione di Putin. La Russia è pronta a far partire i lavori, anche perché tutte le joint venture con compagnie nazionali in Serbia, in Ungheria e oltre, sono ancora attive. A sua volta l’agenzia Sputnik ha riportato dichiarazioni del numero due di Gazprom, Alexander Medvedev, che ha ricordato che anche la Bulgaria «ha tutto pronto per iniziare la costruzione» del gasdotto, progetto bloccato solo «su pressione esterna». Intanto Mosca ha già iniziato a collocare, a inizio maggio, le tubazioni sui fondali del Mar Nero per il gasdotto Turkish Stream che convoglierà gas russo verso la Turchia. E da lì potrebbe biforcarsi un ramo settentrionale, attraverso Bulgaria, Serbia, Ungheria.
Forte anche l’interesse di Belgrado. La televisione nazionale ha intervistato Vojislav Vuletic, rappresentante dell’Associazione serba per il gas, che ha sottolineato che «si tratta di una buona notizia», soprattutto se «nel 2019 dovessero interrompersi le forniture via Ucraina». La partita del gas è così riaperta.