Da ieri sera a mezzanotte, la frontiera tra Ungheria e Croazia è chiusa. Viktor Orban è stato di parola. Attualmente soltanto due valichi rimangono aperti, a Beremend nel Nord della Slavonia (Croazia orientale) e a Letenye, a un centinaio di chilometri da Zagabria sull’autostrada per Budapest. In queste due “zone di transito”, come le ha definite il portavoce dell’esecutivo ungherese Zoltan Kovacs, i rifugiati politici (non quelli economici) potranno fare la loro domanda di asilo alle autorità magiare.
«Rispetteremo alla lettera le regole previste dagli accordi di Schengen», ha annunciato il ministro degli Affari esteri di Budapest, Péter Szijjartó, criticando una volta di più l’incapacità dell’Unione Europea nel trovare un accordo per un rafforzamento delle frontiere greche.
Come già al confine serbo-ungherese lo scorso 15 settembre, lungo la frontiera con la Croazia uno sbarramento di filo spinato lungo 41 km impedirà ogni passaggio non autorizzato. Dall’indomani della chiusura quattro settimane fa del valico di Horgoš, nel Nord della Vojvodina, più di 185mila clandestini si sono diretti verso la Croazia e la Slovenia.
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