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Barbadillo/ In ricordo di Manuel Hedilla. I Falangisti contro Franco

di Redazione
6 Febbraio 2013
in Rassegna Stampa
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Barbadillo/ In ricordo di Manuel Hedilla. I Falangisti contro Franco
       

I comunisti l’avrebbero volentieri fucilato o ammazzato in battaglia, ma alla fine coloro che arrestarono e fecero condannare a morte Manuel Hedilla Larrey furono i franchisti. A conferma che forse – come pensano molti – se Josè Antonio Primo de Rivera, capo indiscusso della Falange, non fosse stato ucciso dai repubblicani il 20 novembre del 1936, la storia della Spagna sarebbe stata diversa.

Chi era Manuel Hedilla, figura poco nota al di fuori del suo Paese? Era l’uomo, il militante, che rimpiazzò Josè Antonio dopo la sua morte e guidò i falangisti “veri” per pochi mesi, fino alla primavera del 1937. Fino a quando con un colpo di mano il caudillo Francisco Franco, attraverso il Decreto de Unificaciòn, impose con la forza la fusione della Falange Tradizionalista (Fet), vicina agli ambienti militari, e della Falange de la JONS. Dove JONS sta per juntas de ofensiva nacional sindicalista. Cioè la vera Falange, di Josè Antonio, di Ramiro Ledesma Ramos, di Ruiz de Alda e di Onesimo Redondo, quella nata nel 1933 che propugnava un programma politico di tipo nazionale, sociale e rivoluzionario, in parte ispirato ai movimenti fascisti europei dell’epoca. Molto diverso da quel conservatorismo bigotto e parruccone che si rivelerà poi il cosiddetto “franchismo”.

Hedilla, che all’epoca aveva 34 anni e arrivava dal mondo del lavoro e del sindacalismo, insieme ad altri dirigenti falangisti rifiutò di sottomettersi all’imposizione del generalìsimo e per questo motivo venne arrestato e processato: con l’accusa di aver cospirato contro Franco, il leader della Falange fu condannato alla pena di morte. Condanna capitale che venne però convertita poco dopo in vent’anni di reclusione, da scontarsi in un carcere alle isole Canarie, all’epoca tagliate fuori da ogni collegamento con la madrepatria.

Con la reclusione di Manuel Hedilla e degli “aillistas”, cioè i falangisti più intransigenti, il movimento fondato da Josè Antonio si sbanda e di fatto confluisce nel partito unico voluto dal caudillo. Un partito, come già detto, molto lontano da quello ipotizzato da Primo de Rivera e dagli ideologi Ledesma Ramos e Onesimo Redondo.

Nato nel 1902 a Santander, nel nord della Spagna, Manuel Hedilla Larrey rimane orfano di padre all’età di sette anni ed è costretto a trasferirsi con la madre a Bilbao, dove studia presso un istituto salesiano. A sedici anni lavora come apprendista in un cantiere navale e più tardi si imbarca come macchinista nella marina mercantile. Dopo il matrimonio si trasferisce nella città castigliana di Cuenca, dove mette in piedi una piccola impresa d trasporti. Nel 1934 è già al fianco di Josè Antonio come dirigente della Falange e nella primavera del ’36 partecipa ai preparativi del levantamiento contro il governo repubblicano.

Con l’arresto del fondatore del movimento e la sua successiva uccisione, Hedilla diventa di fatto il numero uno del partito. Per poco tempo, però. Gli è fatale il rifiuto di sottomettersi al commissariamento e di trasformare il movimento in uno specchietto per le allodole, funzionale ai progetti normalizzatori del caudillo. Dopo sette anni di galera alle Canarie, nel ’43 Hedilla viene trasferito in un penitenziario più vicino, alle Baleari, e infine nel ’47 scarcerato grazie all’intervento dello stesso Franco. Al quale Hedilla aveva scritto più d’una volta: lettere in cui, sia pure chiedendo clemenza, rivendicava con un certo orgoglio di essere sempre rimasto fedele alla Spagna, a fronte di tanti traditori della patria che pure il regime aveva perdonato, se non addirittura promosso.

Dopo la scarcerazione il vecchio leader falangista, completamente dimenticato e ostracizzato dal potere, resta ai margini della società pubblica, senza riuscire a ottenere una competa riabilitazione politica. Rimane a vivere a Palma di Maiorca, dove lavora come impiegato fino alla sua morte, avvenuta quarantadue anni fa, il 4 febbraio del 1970. Se ne va senza lasciare eredi politici, anche se in Spagna esiste un micro partito che si richiama ai valori della Falange di Josè Antonio e di recente è uscito un libro (La Falange del silencio, di José Luís Jerez) dedicato a Hedilla e ai falangisti che non si conformarono.

Paradossalmente un grande omaggio a Manuel Hedilla è arrivato, alcuni anni fa, dagli sceneggiatori della popolarissima serie televisiva Cuéntame como pasò, che attraverso gli occhi di una famiglia qualsiasi ripercorre la storia della Spagna dal 1968 alla caduta di Franco, fino ai primi anni ruggenti del socialismo di Felipe Gonzalez.  Il remake italiano, con Massimo Ghini, non ha avuto lo stesso successo; ma in Spagna Cuéntame è stato per anni il programma più visto della televisione pubblica.

Ebbene, in una delle prime puntate il ragazzino protagonista della fiction, Carlos, parla con un vecchio che gli confida che non riesce da anni ad andare alla sfilata del Primo Maggio. «Ogni volta mi arrestano e mi impediscono di partecipare, anche se poi mi rilasciano subito. Ma questa volta vorrei proprio andarci, non mi restano più molti Primo Maggio…», conclude il nonnetto. «Ma tu sei… un rosso?». Al che il vecchio ribatte: «Fascista. Però fascista di quelli veri, di quelli di Hedilla. Hai mai sentito parlare di lui?». E gli spiega chi era Hedilla, di come sia stato condannato e di come lui stesso abbia ricevuto una pena a vent’anni di carcere per essersi opposto a Franco in nome dell’autentica rivoluzione. «Come ci hanno ingannato, ragazzo…», conclude con amarezza.

A cura di Giorgio Ballario – Barbadillo, 5 febbraio
Tags: falange spagnolafascismoFrancoJosè AntonioManuel HedillaSpagna
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