C’è un’insana ventata di esterofilia nel centrodestra italiano. Come se il godere di non ottima salute in patria potesse essere curato da massicce iniezioni di spirito d’Oltralpe o d’Oltreoceano.
E così Forza Italia, in attesa forse di diventare l’Altra Italia, organizza viaggi di studio negli Usa per studiare i Repubblicani americani, il caro vecchio GOP che quando meno te lo aspetti risorge dalle ceneri pronto a sfruttare i fallimenti di Obama.
Poco importa se poi in Europa siedono con la Merkel e se il modello dell’elefante a stelle e strisce si basa sulle primarie e sulla piena contendibilitá della leadership, tutto l’opposto del partito berlusconiano.
Guarda a Parigi invece Matteo Salvini, forte di un rapporto ormai consolidato con Marine Le Pen, nonostante qualche mese di gelo seguito alla colorita piazza romana di fine febbraio. C’é da abbattere l’Europa dei tecnocrati e allora poco importa che la Le Pen guidi un partito nazionalista e centralista, tutto l’opposto della Lega (ex?) secessionista, e che se chiudessimo Schengen come vuole MLP staremmo peggio di oggi con gli immigrati.
Intanto nasce il nuovo partito di Raffaele Fitto e cosa fa? Si ispira in tutto e per tutto non diciamo genericamente alla famiglia dei partiti conservatori europei racchiusi nel gruppo ECR (ce ne sarebbero di interessanti, dai polacchi di Kaczynski ai Greci Indipendenti di Kammenos al governo con Tsipras, fino ai no-Euro tedeschi di Alternative für Deutschland). No, il riferimento è a Londra e si chiama David Cameron, il leader dei Tories capace di stravincere le recenti elezioni politiche frenando l’avanzata dello Ukip di Farage e bastonando i laburisti.
Poco importa se le posizioni inglesi sul commercio internazionale (avversione a qualsiasi norma di tutela dei prodotti di qualità, es. Made in) o sulla regolamentazione della finanza siano lontane anni luce dall’interesse nazionale italiano.
Fitto si fa dare da Cameron anche il marchio (il leone blu) ma va oltre: disegna un nuovo partito ancorato a Londra, Washington e Gerusalemme (per non dire Tel Aviv) in netta contrapposizione con chi a destra guarda di buon occhio a Putin e a un sistema di alleanze internazionali meno stupidamente subalterno rispetto al passato.
Per carità, la politica è fatta di relazioni e avere dei riferimenti internazionali è più che legittimo: il problema è che bisognerebbe esercitare anche un po’ di spirito critico anziché ripetere tutto a pappagallo e appiattirsi su temi e interessi che nulla hanno a che fare con l’Italia.
Ecco, proprio qui sta il punto. Mentre tutti fanno a gara ad accreditarsi con partner internazionali più o meno discutibili, noi con Fratelli d’Italia siamo impegnati tutti i giorni per ricostruire una destra degna di questo nome, che riscopra la sua natura più profonda, quella di essere convintamente e cocciutamente arci-italiana (per dirla con Curzio Malaparte).
Per difendere quell’Italia profonda che magari fa un po’ di elusione fiscale per sopravvivere a uno Stato vorace, che “io non sono razzista” ma non ne può più dell’immigrazione incontrollata, che ogni tanto gli scappa una bestemmia ma non può non dirsi cristiana, che “ho tanti amici gay” ma non ne vuole sapere di adozioni contro natura, che “i politici sono tutti uguali” ma la sinistra non la voterà mai.
Quell’Italia profonda che ha bisogno di una nuova Grande Destra che la rappresenti sempre meglio. Non a Parigi, Londra o Washington ma in ognuno dei nostri meravigliosi 8000 comuni d’Italia.