Hanno gettato la maschera. Questo governo Monti per la sinistra italiana è un’occasione troppo ghiotta. L’insperata possibiltà di occupare posti di potere dopo anni di opposizione ha azzerato l’autocontrollo dei vertici del Pd e, caduti i freni inibitori, si è scatenata la corsa alla poltrona per amici e sodali. La vicenda della nomina dei sottosegretari da affiancare ai ministri di Monti è rivelatrice. “Nessun politico, ne ex-deputato o dirigente politico” erano stati i patti tra gli sherpa dei maggiori partiti che sostengono l’esecutivo. La condizione essenziale era quella che i tecnici chiamati a Palazzo Chigi fossero davvero professionalità “neutre”. Con il loro retroterra culturale, per carità, ma non provenienti dalla militanza attiva. Ma per Bersani e i suoi dirigenti quest’accordo, nel momento stesso in cui lo sottoscrivevano era già carta straccia, impegno da quaquaraquà che non conveniva rispettare. E così Giampaolo D’Andrea, Maria Cecilia Guerra e Marco Rossi Doria, tutti e tre con solida esperienza politica vissuta nelle sedi di Dc e Pd sono andati a completare la squadra di governo.
Eppure le avvisaglie le avevamo avute. Quasi un segno premonitore. Ricordate il bigliettino galeotto fotografato alla Camera e inviato da Enrico Letta al premier? “Mario – si leggeva nel pizzino – quando vuoi dimmi forme e modi con cui posso esserti utile dall’esterno. Sia ufficialmente (Bersani mi chiede per es. di interagire sulla questione dei vice) sia riservatamente. Per ora mi sembra tutto un miracolo! E allora i miracoli esistono!”. Fin dal primo momento immediatamente successivo alle dimissioni di Berlusconi e all’incarico dato da Napolitano a Monti, lo spread, l’indice Mib e la crisi dell’Euro avevano cessato di essere le principali preoccupazioni degli uomini del Pd. L’ossessione vera, invece, era quella di occupare gli spazi, riuscire a piazzare quanti più amici di partito possibile, senza ritegno. Quel biglietto bianco sventolato a favore di fotocamera dall’allora neo-primo ministro, forse era una sorta di “sos” mandato affinché qualcuno lo salvasse dalle soffocanti attenzioni della sinistra.
In conclusione, la gravità della scelta di indicare dei “tecnici militanti” sta non soltanto nella forma, ovvero nel fatto che si sia disatteso del tutto un accordo già fatto, ma soprattutto nella sostanza. La faccia di bronzo con la quale il leader del partito democratici ha imposto i suoi sottosegretari fa intuire la convinzione a sinistra che dalle parti del centrodestra ci siano dirigenti con la sveglia al collo e l’anello al naso. Se davvero è questa la convinzione di Bersani e compagni, bene sappiano che da oggi moltiplicheremo gli sforzi in maniera esponenziale per monitorare le loro scelte. Una ad una. Sappiano, anzi, che sentiranno il nostro fiato sul collo.