La grande mostra bolognese dedicata ad Edward Hopper presenta diverse e contrastanti chiavi di lettura. Apparentemente vi è l’America industriale, l’America che sale, quella dei grattacieli, dei binari, della macchine, quella dei tetti spioventi, delle pompe di benzina, dei drugs store, dei porti. I simboli della “civilizzazione” a stelle e strisce che tanto piacciono agli scrittori europei. la “Breve lettera per un lungo addio” di Peter Handke, resoconto di un viaggio dalla costa orientale e quella occidentale, narra del fascino di questi segni; Wim Wenders ne parla in “Paris – Texas”.
Ma per quanto Edward Hopper, introverso quanto geniale artista, sia spesso un pittore di paesaggi e di città, non vi è nella sua opera alcuna pulsione futurista. Mentre Marinetti e i suoi sognano infinite possibilità di sviluppo dell’uomo e tentano di rinnovare l’arte e la vita nel segno della tecnica e dell’ottimismo, Hopper rimane scettico e le sue immagini mettono in scena proprio l’atto della limitazione. Nei suoi lavori le villette, le linee ferroviarie, i passaggi a livello sono una sorta di frontiera che divide in modo netto il campo della natura accessibile, la casa e la strada, da una foresta irraggiungibile, dalla spazio della natura.
Lontano dalle avanguardie (nonostante la sua esperienza parigina) Hopper rimane concentrato sulla sua solitaria esplorazione nel Novecento americano: nei suoi quadri non c’è la Storia, solo piccole storie di un’ umanità ininfluente straziata dalla grande depressione economica, scaraventata a lato e al di sotto degli eventi della storia. Ecco allora l’apologia della solitudine e della rassegnazione. I silenzi, le attese, le luci smorzate, le ambiguità. I non luoghi: uffici, bar, camere d’albergo, compartimenti ferroviari, moli abbandonati. La sensualità tenera e sfiorita delle donne non più giovani.
Nessuna rivolta, una sola provocazione: il quadro le Soir bleu, maltrattato dai critici per quel magnaccia in primo piano e la prostituta adescante. Una coppia borghese osserva la scena da un tavolo laterale, al centro un pierrot bianco luna, con sigaretta pendente dalle labbra dipinte, gioca a carte con un soldato e un anziano. Su tutti cala una luce bluastra che annuncia il buio della notte su un “nuovo mondo” già vecchio. Terribilmente vecchio.
Edward Hopper
sino al 24 luglio 2016
Palazzo Fava – Palazzo delle Esposizioni, Bologna
Via Manzoni, 2 – Bologna