La bergamasca offre bellezze discrete, tesori spesso celati e sconosciuti ai più. Uno di questi è indubbiamente Mapello, agglomerato urbano famoso per la vita industriale e commerciale, ma poco noto per la sua rilevanza artistica e culturale. Mapello si colloca a una decina di chilometri dalla città di Bergamo, ai piedi del monte Canto, nel territorio dell’Isola bergamasca. Già nel nome si colgono elementi in grado di suscitare mistero e curiosità: “Il nome di Mapello, all’inizio nella sua forma latina “Mapellum”, è rimasto immutato nei secoli, a differenza di altri toponimi che nel tempo hanno subito modificazioni (anche sostanziali). Quanto all’origine del nome, il discorso diventa difficile. Non è stato, per il momento, (e forse non lo sarà mai), ancora possibile stabilire in modo sicuro da che cosa derivi il nome stesso. A differenza di altri toponimi che hanno preso origine dalla loro posizione topografica, come: Sotto il Monte (Sub Monte), Medolago (a metà del lago), Ponte San Pietro (ponte sul Brembo), per Mapello non è stato trovato alcun etimo a cui agganciare la denominazione” (S. Maggi, Mapello e il suo territorio, Biblioteca Civica Mapello, p. 5).
Sono state avanzate numerose ipotesi interpretative, ma nessuna è riuscita a prevalere del tutto: il nome del paese potrebbe derivare da “appellum” (la chiamata, o appello, che i centurioni romani facevano dei loro soldati), da “mappa” (cioè cavolfiore, per via di una somiglianza con il monte Falò), dalla voce longobarda “Lugan mapp” (pannocchia di granoturco), da “Aconitum Mapellum” (una pianta erbacea della zona), da “manipulus” (reparto dell’esercito romano), o, infine, da “Mapalia-Mapalium” (insieme di capanne). Ipotesi avanzate da studiosi autorevoli, ma incapaci di imporsi in modo definitivo (Cfr. ivi, pp. 5-6).
Mapello, oltre a essere alle pendici della splendida cornice del Monte Canto, valicando la quale, dopo un’escursione di un’oretta circa, è possibile raggiungere l’antica abbazia romanica di S. Egidio, nonché i luoghi tanto amati dal poeta e predicatore David Maria Turoldo, si lascia attraversare dalle acque del torrente Dordo, presenza costante nella vita degli uomini del posto, in ogni epoca e momento storico: “Questo torrente ha fatto, da sempre, parte della vita dei Mapellesi, nel bene e nel male. Prima perché ha contribuito alla difesa del borgo fortificato collegandosi con il fosso che lo circondava, poi aiutando l’agricoltura, fornendo (se pur non sappiamo in quale misura) le sue acque per l’irrigazione del territorio a sud e per diversi usi agricoli e civili, per i giochi dei bambini sia da liquido che da ghiacciato, per le massaie e il loro bucato (allora non si parlava di inquinamento!), per le sue piene frequenti e disastrose delle quali i più anziani tra noi conservano il ricordo (fino a quando non venne scavato il provvidenziale canale scolmatore parallelo) e che tanti danni arrecavano alle famiglie abitanti nelle sue vicinanze” (Ivi, p. 9).

Mapello, paese di montagna e di collina, dove il biondo dei campi di granoturco si abbraccia idealmente con il verde dei castagni.
Un territorio ramificato in varie frazioni, tutte interessanti e pregevoli dal punto di vista paesaggistico, naturalistico e culturale nell’accezione più ampia del termine. Tra le frazioni della Piana e di Valtrighe sorge Villa Gromo, un’imponente “costruzione settecentesca di notevole pregio” (Ivi, p. 12), impreziosita al suo interno da decorazioni e affreschi di elevato valore artistico: “L’interno (della villa) presenta un gruppo di locali, decorati sulle volte a padiglioni e sulle pareti da affreschi ornamentali a toni vivaci e ricchi di scomparti architettonici che l’ing. Luigi Angelini ebbe a definire di “geniale fantasia inventiva”. Vi sono figure simboliche, cariatidi, finte balaustre, scorci di colonne, prospettive aeree, cartigli, sagomecornici e composizioni figurative centrali che denotano il carattere della pittura decorativa del periodo compreso tra il 1730 e il 1770. Di notevole interesse, ad esempio, è il salone centrale, dove, pur nella ricchezza degli ornati, negli accostamenti di forme, di profili e movenze, nei rilievi di cornici abbelliti da linee curve di timpani, cartocci vari e policromie a fiori, si avverte un equilibrio d’insieme che attrae e coinvolge chi guarda. Su tutte prevale una brillante composizione mitologica “il giudizio di Paride” che occupa oltre 100 metri quadrati del plafone del salone principale” (Ivi, p. 140). La parte esterna della Villa, inoltre, si presta a spettacolari teatrali all’aperto, per via della sua ottima acustica: occasioni impreziosite da uno scenario che evoca tempi antichi, immergendo gli eventi in un’atmosfera da sogno, tra ricordi immaginifici di dame e cavalieri.
Addentrandoci nel capoluogo, scopriamo un borgo ricco di edifici di culto, differenti per stile e periodo, ma egualmente preziosi e notevoli per il patrimonio artistico espresso. La Chiesa di San Michele Arcangelo, che sovrasta l’intero paese, è ormai da decenni “assunta agli onori del riconoscimento artistico (e della relativa tutela) come monumento nazionale, quale capolavoro dell’arte barocca” (Ivi, p. 17), e può vantare sia una Crocifissione con la Maddalena e due Disciplini, capolavoro di Carlo Ceresa, sia un organo, del 1803, opera dei famosi organari Serassi. La seconda chiesa degna di nota è invece dedicata a S. Gerolamo, la quale “riesce di molto comodo alla terra per essere sita dentro la terra et la parrocchiale fuori” (Ivi, p. 52), risalente al XVII secolo, “elegante e ornatissimo edificio” (Ibidem), donato nel 1930 dai baroni Scotti alla parrocchia di Mapello. L’interno è impreziosito da affreschi, tele e, soprattutto, da un pregevole soffitto a cassettoni.

Nella parte più interna dell’abitato troviamo, infine, il Santuario della Madonna di Prada, introdotto da un lungo viale alberato, di tigli, che conferisce allo stesso un fascino davvero unico. L’edificio costruito per ricordare un’apparizione mariana, e il conseguente dono da parte della Vergine di una sorgente miracolosa, sorge in un luogo immerso nella natura ed è, a tutti gli effetti, il vero cuore pulsante della piccola cittadina orobica. Il Santuario, databile tra il XIV e il XV secolo, impreziosito al suo interno da affreschi del Bertuletti, apprezzato pittore locale, è stato candidato a Luogo del Cuore Fai 2020, ottenendo un ragguardevole secondo posto nella provincia di Bergamo.
Il borgo medievale di Mapello è famoso, inoltre, per le numerose, e ben conservate, torri presenti sul territorio che testimoniano un passato strategico e militare di una certa rilevanza. Originale l’idea di destinare a uno di questi edifici la biblioteca del paese, collocata a ridosso della piazza del comune, legando idealmente i luoghi della storia a quelli dell’esercizio delle funzioni pubbliche. Sapere e potere, connubio antichissimo e sempre attuale.
Mapello, infine, può vantare figure illustri quali l’Abate Giuseppe Bravi, filosofo, matematico e uomo politico, il soldato di ventura Alberto da Prezzate, divenuto monaco e venerato come santo dalla Chiesa cattolica, il noto pittore Ermenegildo Agazzi, il patriota risorgimentale Federico Alborghetti e il tenore Luigi Bolis.