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Home L'Editoriale

Brexit e dintorni. Il fardello dell’uomo politico

di Andrea Tremaglia
1 Luglio 2016
in L'Editoriale
1
Brexit e dintorni. Il fardello dell’uomo politico
       

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Un must tra i bocconiani – figli dunque del primo “europificio” italiano – è la lettura de “L’arte della Guerra di Sun Tzu”, opera arcifamosa e ultracitata (spesso a sproposito). Nel libretto cinese si spiega chiaramente come, laddove i soldati non eseguano correttamente gli ordini, la responsabilità è degli ufficiali e dei sottoufficiali, che non glieli spiegano con chiarezza. Questa importante lezione andrebbe digerita e imparata con umiltà da tutti coloro che ricoprono ruoli di responsabilità; e in questi ultimi giorni, soprattutto da quei politici e “uomini di informazione” che accusano i capipopolo o, peggio, i “cittadini” di disinformazione dolosa. Non che non sia vero: il livello mediamente infimo di consapevolezza verso ciò che ci circonda è evidente, ahinoi. I politici che si lamentano di questo dicono spesso una cosa vera, ma si autoaccusano di incapacità o di irrilevanza: perché infatti chi, se non la politica e l’informazione, deve fare autocritica là dove reputi le persone non adeguatamente a conoscenza di quel di cui si parla e vota?

 

La risposta a un generalizzato disinteresse e allo scarso approfondimento non può essere solo un’accusa vaga e il ritiro nel fortino del “tecnicismo”, ma dev’essere un ritorno alla politica e al pensiero attivo. Sono soprattutto i partiti che devono saper elaborare i “temi difficili” e poi spiegarli e “trasferirli” alle persone che li hanno delegati anche per questa funzione. I pensatoi dei partiti però sono sempre più poveri e poco incisivi. Gli allarmi per rifondarli si susseguono da anni, inascoltati. Non a caso i grandi sconfitti del Brexit sono i labour e i tories pro-Europa che non sono stati in grado di spiegare e far comprendere agli inglesi e ai gallesi l’importanza del voto in questione; entrambi i partiti si sono ridotti a una guerriglia interna e non hanno svolto il proprio compito di raccordo tra chi ha il potere-dovere di approfondire ed elaborare (la politica) e chi questo compito, per mancanza di tempo e competenze, lo delega tramite elezioni (i cittadini). Che poi i cittadini possano informarsi di più, certo: ma possono essere tutti professori di economia e giuristi? O, al rovescio: facciamo votare solo economisti e giuristi? Siccome questa aspettativa non è realistica, prima di teorizzare fantasiose e futuribili alternative al suffragio universale iniziamo a chiedere di più ai politici: come, ad esempio, di svolgere il loro mestiere di connettori.

 

Nel Regno Unito, a detta loro, non lo hanno saputo fare. Gli europeisti del giorno dopo ci spiegano con grande semplicità come l’Europa sia il paradiso e l’averla abbandonata un inferno: ma tanto evidente non era questa distinzione, se non hanno saputo farlo capire che a metà dei propri concittadini. Gli altri, quelli brutti sporchi e ignoranti, qualcosa invece hanno saputo farlo capire. Giusto, sbagliato, lo scopriremo anzitutto col tempo. Ma quel che preme comprendere è che gli intelligenti sono i più colpevoli di tutti per non essersi fatti capire. La politica deve essere una buona maestra e i politici buoni professori, ma non nel senso tecnocratico, bensì in quello elementare. Se il “popolo bue” che qualcuno oggi invoca malignamente è tale, forse è anche perché i partiti non spiegano, ma urlano. Non ragionano, ma cantano, blandiscono e ruttano. Certo, spiegare richiede tempo e presenza sul territorio: ma gli strumenti, oggi, ci sono. Manca, spesso, la volontà.

 

Gli intelligenti e gli informati si rendano allora conto di avere una responsabilità nei confronti dei diversamente intelligenti e dei diversamente informati, invece che un credito. Ed agiscano di conseguenza: non accusando, recriminando, dando dell’imbecille a chi non la pensa come loro. Questo sì che sarebbe da ignoranti. Se l’Europa è un sogno e metà dei cittadini inglesi non l’ha capito, forse è anche perché nessuno gliel’ha mostrato, questo sogno. Le accuse e le reazioni emotive lasciano il tempo che trovano, il risultato e l’atteggiamento invece restano e costruiscono il futuro. Questa è una lezione che i Britannici non dovrebbero imparare, sapendolo già benissimo per l’aver comandato un secolare e quasi sempre brutale Impero esattamente con questo principio di (crudele) responsabilità. Era il fardello dell’uomo bianco, razzista e cinico, di Kipling, che sottometteva milioni di servi nel Commonwealth. Oggi a Dio piacendo il mondo è più libero e un fardello ben più civile si pone sulle spalle del politico e di ogni uomo informato. Cominciare dalle autoanalisi e dai mea culpa piuttosto che dalle accuse o dalle offese sarebbe per la politica inglese tardivo, ma utile. E darebbe un bell’esempio anche ai tanti commentatori italiani che, per evitare il rischio di sembrare informati e di buon senso, continuano imperterriti a pontificare.

Tags: brexitdemocraziaelezioniGran BretagnaUnione Europea
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Commenti 1

  1. Carmine Perrotta says:
    6 anni fa

    Per i politici farlocchi risulta molto più gratificante pontificare con paroloni altisonanti all’ultima moda, per entusiasmare i media e i pensatoi che alimentano la melassa culturale medio-borghese, piuttosto che rischiare dicendo una minima verità.
    Dire che l’Europa è un paradiso è facilissimo, quando le bocce sono ferme e la cultura borghese pretende di sentirselo dire.
    Ma attenzione perchè ho la sensazione che la cultura borghese non avrebbe voluto ascoltarlo prima, quando le bocce stavano rotolando.
    Insomma i politici e gli opinionisti non sono degli sprovveduti.
    Sanno benissimo chi li scelti e messi ad occupare i posti di potere.
    Rispondono al proprio cliente e assecondano i suoi desideri.
    Niente di più e niente di meno
    E non ci tiriamo fuori neanche noi stessi che ci atteggiamo a piccati censori perchè, sono sicuro, faremmo egualmente la figura dell’azzeccagarbugli e cioè prima fedele servitore della legge e poi fedelissimo servo del padrone.
    Quanti politici hanno cominciato come noi, mettendosi in luce sparandola grossa.
    Poi una volta arrivati ecco l’istinto di sopravvivenza.
    Tutta questa premessa per dire semplicemente che la morale che ci circonda va ripensata integralmente, non i personaggi.
    E poi diciamocela veramente tutta.
    Se un sistema ti assurge a profeta, tu cosa fai? Lo rinneghi?
    E’ come se destra.it scrive sul web e poi dice che il web è una schifezza.
    Una morale sana prescinde anche violentemente dal servilismo ma a tutti i livelli sia quelli base sia quelli empirei.
    Ci vorrebbero figure moralmente sane.
    Ma sinceramente di figure così non ne vedo intorno a me…
    Ne vedevo qualcuna quando ero ragazzo e cioè quando esistevano i cosiddetti “uomini tutti d’un pezzo!”
    Ho nostalgia di “uomini tutti d’un pezzo!”
    Erano un po’ burberi e spesso scontrosi ma irremovibili nella loro intransigenza
    Erano dei punti fermi!
    E allora spero in un rigurgito di SANA TRADIZIONE
    Spero che qualcuno delle giovani generazioni si entusiasmi per la SANA TRADIZIONE
    Ma ai ragazzi chi gliela spiega la sana tradizione?

    Rispondi

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