E così ci hanno riprovato. Dopo nemmeno un mese e mezzo, e dopo aver forzato ogni regolamento con la complicità del Presidente Martin Schulz (chissà che i cattolici adulti se ne ricordino a maggio, quando lo voteranno come Presidente della Commissione Europea), hanno costretto il Parlamento Europeo a votare sulla relazione della deputata socialista portoghese Edite Estrela.
“Salute e diritti sessuali e riproduttivi”. Il solito titolo innocuo, quasi suadente. La studiata coincidenza con la Giornata mondiale dei Diritti… Non vorranno mica, questi retrogradi sessisti machisti papisti fascisti, osare votare contro i “diritti delle donne” proprio oggi…
Eppure c’era qualcosa di diverso nell’aria rispetto a quando, il 23 ottobre scorso, riuscimmo ad ottenere almeno il rinvio del testo in Commissione parlamentare.
Già arrivando a Strasburgo un pacifico gruppo di dimostranti di diverse nazionalità non innalzava bandiere rosse o simboli d’odio ma foto di bambini e famiglie felici, reclamando non “rivoluzione” ma “sussidiarietà”, cioè il rispetto di uno dei principi cardine dell’Ue, per cui alcune competenze rimangono prerogativa esclusiva degli Stati membri e non possono essere normate da Bruxelles.
Persino le colleghe popolari generalmente più liberal mostravano insofferenza per i contenuti e anche per i metodi seguiti dalle sinistre, che avevano imposto nuovamente al voto un testo identico a quello respinto la volta scorsa e che continuavano a rifiutare il principio di sussidiarietà.
Già perché, in un’istituzione in cui il politicamente corretto domina e le lobby gender e pro-choice lavorano instancabilmente per condizionare le scelte degli Stati membri sui temi eticamente sensibili, persino reclamare sussidiarietà è di per sé quasi rivoluzionario.
E allora eccoci al voto.. Si vota per primo il testo alternativo presentato dal gruppo euroscettico, ma il PPE da indicazioni di voto contrario (testo troppo reazionario per alcuni) e viene respinto.
Subito dopo si passa a votare il testo congiunto PPE-Conservatori che chiede di lasciare in capo agli Stati membri la disciplina dei diritti sessuali e riproduttivi, in base alla sussidiarietà. Se passa questo testo tutto il resto decade e siamo salvi.
337 a favore, 334 contrari: l’Aula approva e si alza un boato dai banchi del centrodestra.
Il PPE, il gruppo ECR dei conservatori inglesi e polacchi, gli euroscettici di EFD e persino tanti liberali preoccupati per questa deriva incontrollabile e questa palese violazione dei trattati si ritrovano maggioranza e respingono questo attentato ai valori della Vita, della Famiglia come società naturale formata da uomo e donna e finalizzata alla procreazione nonché come agenzia educativa primaria che non deve essere conculcata o rimpiazzata dallo Stato.
La reazione della Estrela è sguaiata, chiede la parola e parla di “voto vergognoso” e di “attentato ai diritti umani”. Ci apostrofa come “retrogradi” e “oscurantisti”. Come nella migliore tradizione comunista la democrazia è buona solo quando avvalla il pensiero unico pensato dalle élite, altrimenti è un attentato.
La sceneggiata si conclude con socialisti, verdi e comunisti in standing ovation per la loro paladina sconfitta, che annuncia con voce rotta dalla commozione che avrebbe ritirato la firma dalla relazione.
L’assalto è respinto e la lobby del relativismo scornata.
Non è stata soltanto una risoluzione bocciata ma il segnale che si può fare. Si può ancora opporsi alla deriva, si può ancora veder vincere il senso comune e il principio di realtà, si può ancora difendere la famiglia naturale e la vita senza doversene vergognare. Si può ancora credere in un’Europa dei valori, più grande e più bella di quella della tecnofinanza senza volto.
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