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Pandemia 23/ Caro Covid ti scrivo, così ti distraggo un po’…

di Francesco Marotta
3 Aprile 2020
in Home, Società&Tendenze
1

Ti rendi conto di non essere uno scribacchino quando non hai proprio voglia di scrivere e ti guardi bene dal farlo. Ma ci sono delle volte, spesso capita improvvisamente, chessò, leggi un libro o una notizia, guardi un film, parli del più e del meno ed ecco che la mano diventa frenetica. Il cervello indica un percorso e si è già messo in moto: è tempo di sederti davanti a un computer, provando a scrivere quello che pensi. Scrivo a te zio Covid. È mia abitudine farlo con carta e penna e poi copiare tutto su quella diavoleria, la scatoletta magica che detesto, vincolandomi e obbligandoti ad una connessione che non voglio. È proprio così: una connessione con il mondo di cui non me ne frega nulla se non fosse che è ricercata da tutti. Vabbè, macché te lo dico a fare, tanto lo sai già. 

Tutti si connettono e dicono la loro su di te ma nessuno si disconnette, separandosi dalle miriadi di cazzate e di cazzari che senza quella tecnologia si scioglierebbero come neve al sole. Una connessione è per sempre. Con te poi, neppure a parlarne… Ma una connessione non è un legame reale. Perlomeno, lo diventa solo se c’è un interesse o un’opportunità. Che questi coincidano con l’amicizia piuttosto che con la solidarietà, il senso di vicinanza e di essere una comunità (cittadina, regionale, nazionale), il senso di appartenenza ed altro, beh questo è assai difficile, non ti pare? 

Prima del tuo arrivo li vedevo di persona, ora li chiamo e mi chiamano. Insomma, c’è una bella differenza. Alla regola dell’interscambio, quella che sta alla base dell’economia, del valore che si traduce in moneta, non ho mai creduto. In quanto ai valori, quelli sì. Ci sono cose che un uomo non può riscrivere, ad esempio i pensieri di un altro. Può provarci, ma non sarebbero i suoi. In questi giorni di clausura, diciamo pure di detenzione domiciliare forzata, tra l’altro in assenza di vocazione e in assenza di un reato che è inesistente, tranne la lesa maestà, i pensieri si intrecciano. E lo fanno senza peso, in assenza della vita frenetica che facevamo. 

Le ore passano e più pensi, più pensi e le ore passano. Ma a cambiare è però la sensazione che uno ha del tempo. Di un qualcosa che non è un oggetto, men che meno una cosa: finalmente, dico forse, riusciamo a sentirne il respiro profondo. Esiste. Lui, non rifugge. Non ha un prezzo ma un valore cui non teniamo più conto. Indubbiamente, ha una sua essenza e un contenuto profondo. Sono le cose che io(noi) ho perso. Eppure, le avevo. 

Avevo una determinata cultura, delle regole ben precise di come stare al mondo e di una visione del mondo. Una graduazione e organizzazione delle cose, un ordine, la reciprocità e il disinteresse dell’interesse. Già, le avevo ma non ricordo più quando. Poi, all’improvviso, spunti tu, zio Covid. Credo che tu sia sempre esistito, nonostante quelli là, i connessi, dicano che sei il frutto di una manipolazione e di un “gomblotto” non meglio ben precisato. Cercandosi il solito nemico immaginario, il solito Moloch, la solita Apocalisse da scongiurare, quando tutt’al più, sei un’occasione da coltivare. 

Certo, lasci un po’ di morti, troppi. Ma possiedi un dono che nessuno ha mai avuto: quello di togliere il velo della simulazione delle virtù che non ci sono. Con te se ne vanno via pure gli imbecilli, sono tanti e starnazzano su tutto. Li hai messi al “gabbio” della loro misera esistenza, del dover scegliere tra un passato recente scandalosamente ignobile, oppure, cambiare registro. Tanto a te dei “massimi sistemi” non frega proprio nulla. 

Vivevi in quasi tutte le provincie della Cina e solo nell’Hubei, avevi più di otto fratelli che convivevano, “amabilmente”, dentro i corpi dei “bisnonni” di Batman. Sei pure ironico, a volte come sa esserlo solo la morte. A volte, non sempre… Pensa, è capitato l’inimmaginabile: gli esseri umani, quelli che hanno fatto di tutto per togliere ai “bisnonni” del pennuto l’habitat, compreso il loro, per cui anche il tuo, perdono la vita. La tua, visto che sei già morto, te la sei ripresa con gli interessi. Se lì sono scappati, crudi o cotti non si sa. E prima di te, ad evadere dal circolo vizioso, ci hanno pensato pure due tuoi parenti: la cugina Mers e tuo fratello Sars. Loro però, sono rimasti al confine. Per un soffio, c’è mancato poco. 

Hai capito come va l’andazzo e ti sei adeguato. L’autostrada dei corpi, come la connessione e l’ideologia di un mondo, con gli stessi equilibri e relazioni da Wuhan a Chicago, mica le hai creata tu. Cosa vuoi che ti dica? Ora ti devo lasciare. Non mi resta altro che augurarti di non sentirci e non vederci mai. Se vuoi scrivimi, magari non con una mail! Lo so che ci tieni, conosci bene i tuoi omologhi che vivono nell’etere. Salutameli, tu sei più vero e molto più stronzo. Tranquillo, non te ne faccio una colpa. Torna presto a casa, ma non fare altri danni. Giusto, sì hai ragione. Non è colpa tua, lo so. I non morti siamo noi. 

Da un benemerito coglione, saluti e figli sterili.

Tags: coronavirus
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Commenti 1

  1. Giovanni says:
    1 anno fa

    Intervento pungente e molto interessante

    Rispondi

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