La società italiana è tenuta da sempre prigioniera dell’antifascismo. Da anni continui cortei a bloccare il centro delle città, violenze di vario genere, aggressioni ad avversari politici contrassegnano la psicosi di una costante mobilitazione destinata a combattere contro un sempre più inesistente fascismo.
Che si tratti – ormai – soprattutto di una sindrome psicosomatica nella quale il tipico ‘ominide antifascista’ assume persino connotati fisici che lo rendono immediatamente riconoscibile, tanto somiglia ai propri simili, è del tutto evidente così come dimostrato dalla maestrina con la bandiera rossa di Torino: passata dalle minacce con tanto di bava alla bocca rivolte ai poliziotti immobili (impugnando la bottiglia di birra regolamentare da tracannare per farsi coraggio con l’aiuto di un po’ d’alcool) a toni ben più concilianti, con la coda tra le gambe, nella successiva conferenza stampa in cui annunciava le ragioni con le quali cercava di opporsi al licenziamento per manifesta inadeguatezza.
Casi umani a parte, però, l’antifascismo che tiene in scacco l’Italia tracima anche dalle alte gerarchie del PD – non a caso ormai sempre più lontane dai cuori della gente – con quel tal Orfini che propone schedature prodromiche a future liste di proscrizione o quel Fiano a tal punto ossessionato dai gadget richiamanti il Ventennio da ipotizzare leggi per la messa al bando di ogni cosa contenga immagini dell’odiato regime, dai calendari rievocativi agli accendini.
Come ogni ossessione quella del pericolo fascista raggiunge vette insospettabili tanto più si perde contatto con la realtà.
E’ il caso di personaggi del calibro della Boldrini, di De Magistris, di Ingroia veri campioni dell’antifascismo strumentale e visionario, fantasma che agitano ad ogni occasione al solo scopo di aizzare la loro ‘force de frappe’ rappresentata dai Centri Sociali che sono “… la guardia gratuita del ceto intellettuale di sinistra.” – Come li descrive Costanzo Preve, filosofo e studioso marxista. – “La loro cultura è inesistente, trattandosi di ghetti consentiti e foraggiati dalla Sinistra Politicamente Corretta (SPC), che li può sempre usare come potenziale guardia plebea. Privi di qualsiasi ragion d’essere storica, costoro, composti di semianalfabeti, intontiti dalla musica che ascoltano abitualmente ad altissimo volume e dallo spinellamento di gruppo, hanno una cultura della mobilitazione, dello scontro e della paranoia del fascismo esterno sempre attuale, ed è del tutto inutile porsi in un razionale atteggiamento dialogico, che pure potrebbe teoricamente chiarire moltissimi equivoci. Ma il paranoico non è un interlocutore. Anche l’interesse per i migranti è solo un pretesto, perché essi li vivono come uno raddoppiamento mimetico della propria marginalità.”
Tra i campioni della mediocrità antifascista è giusto ricordare anche il ‘moralizzatore’ Roberto Saviano condannato in Cassazione per plagio, cui pare sia stato chiesto da Sinistra di smettere di intervenire sulla situazione politica, che si è dimostrato vero ‘influencer’ delle opinioni politiche degli italiani, che infatti ogni volta che apre bocca fanno l’esatto contrario di quel che dice.
Forse vale la pena ricordare a tutti questi personaggi quel che ha recentemente scritto per il Manifesto Carlo Freccero: “La sinistra del politicamente corretto si estingue perché non riesce più ad elaborare un pensiero critico. In questi anni ha creduto alla favola dei dittatori cattivi e, come unico rimedio, ha proposto l’accoglienza dei profughi, vittime non dalla guerra, ma dei loro stessi governanti. Ha fatto propria l’equazione fascismo = comunismo. Si è schierata sempre dalla parte sbagliata. Questo perché la terza via non è che l’espressione del pensiero unico per cui tutto il resto è totalitarismo.”
Il caso degli italiani che vivono da anni prigionieri dell’antifascismo dimostra ormai che non tutti i sequestrati, infatti, soffrono della ’Sindrome di Stoccolma’ e c’è chi preferisce la libertà.
Per chi da sempre cavalca la tigre dell’antifascismo è giunto quindi ora il momento di scendere, e farsi tranquillamente mangiare.