Si aprì la porta, e non c’era nessuno. Era l’autore di “Gomorra”. Sedicente tuttologo, il fin troppo noto scrittore ha affrontato, qualche giorno fa, l’argomento del calcio: spera che il Napoli vinca lo scudetto, ma paventa che “la macchina del Nord” ne blocchi la corsa. Una sciocchezza degna dei neoborbonici che trascorrono le giornate a fare vittimismo sui social network; eppure si tratta di uno degli scrittori italiani più venduti al mondo. Sempre più impegnato a strappare a Camilla Cederna l’ambito titolo di “peggior intellettuale italiano di sempre”: il livello del culturame di sinistra questo è.
Sono arrivate, da più direzioni, salve di pernacchie: ma l’egotismo del nostro non ne è stato intaccato, tanto che ha ritenuto opportuno postare su Facebook una proprio fotografia, con annessa didascalia adorante: dei propri tratti somatici, e delle sue stesse qualità morali e intellettuali. Non bastava il fumetto in lode di sé, nemmeno il libro su Giovanni Falcone (al quale “Robertino Ercolino” deve delle scuse: per aver propagato i pettegolezzi della Boccassini, e per essere tra quei professionisti dell’antimafia che, pur di continuare a lucrare sull’argomento, continuano a descrivere Falcone e Borsellino come due sconfitti) accompagnato da una campagna pubblicitaria nella quale la Sua foto e il Suo nome campeggiavano più in grande di quelli di Giovanni Falcone, uno dei nostri massimi eroi nazionali.
Il narcisismo spudorato e la pretesa di superiorità morale non sono novità introdotte sul mercato editoriale dal giornalista-scrittore-esegeta di se stesso partenopeo: sono diventate prassi almeno da quando, su incarico di Carlo Caracciolo (figura riposta nell’oblio, nonostante l’opinione pubblica italiana sia tuttora ostaggio delle sue iniziative editoriali), Eugenio Scalfari (altro tenacissimo cantore dell’unica persona degna di stima al mondo: lui stesso) cominciò a propalare balle sulla “questione morale” – si è partiti spacciando Berlinguer, il politico più fallimentare della storia italiana, come un messia, e si è arrivati a far credere che una pratica abominevole come il traffico di esseri umani sia “accoglienza”.
Per quanto imbarazzante, “Robertino Ercolino” che, quando ancora mezza Italia ride per la sua ennesima baggianata, si raccoglie in preghiera di fronte a una sua stessa foto, non è anomalo: è soltanto il riassunto – con tratti appena più patologici della media – di quello che la sinistra italiana è da oltre mezzo secolo: personaggi piccini con una concezione monumentale di sé. Sarebbero una barzelletta che non fa ridere, non fosse che da decenni paghiamo le conseguenze della loro boria, della loro ottusità, delle loro cattiverie: dalla sciagura dell’immigrazione alla distruzione della scena culturale, dalle cretinate psichiatriche di un progressismo sempre più feroce all’assenza di un’autentica sinistra nella scena politica italiana (non era di sinistra il PCI, pachidermica cosca ossessionata dall’ortodossia – e perciò conservatrice; non lo è stato il PDS, che ha banchettato sul cadavere dei socialisti; non lo è il PD, chimera iperliberista).
La prossima volta che uno dei tanti Saviano che affollano le città italiane vi dirà bugie come (cito testualmente) “lotto per un mondo in cui tutti ci si voglia bene”, mettetegli una mano sulla spalla, fissatelo negli occhi e ridete fragorosamente.