Mentre l’attenzione della comunità internazionale è concentrata sulla guerra in Ucraina, torna a salire la tensione tra armeni ed azeri in Nagorno Karabakh. Nelle ultime 24 ore gli armeni denunciano ripetute violazioni del cessate il fuoco in vigore dal novembre del 2020, quando la mediazione russa ha posto fine alla sanguinosa guerra lanciata da Baku nel tentativo di riconquistare la regione a maggioranza armena indipendente de facto dal dicembre del 1991.
Colpi di mortaio e lanci di granate vengono segnalati in più punti lungo la linea di contatto, gli azeri avrebbero preso di mira postazioni militari e bombardato il villaggio di Khramort. Dall’entrata in vigore del cessate il fuoco le provocazioni azere a danno di militari e civili armeni si sono susseguite senza interruzione, anche con esiti drammatici. E non solo lungo la linea di contatto in Nagorno Karabakh, ma anche lungo il confine tra Armenia ed Azerbaigian. In definitiva i 44 giorni di sanguinosi combattimenti – disastrosi per gli armeni – non hanno eliminato il focolaio di tensione presente nel Caucaso meridionale, mantenendo in vita uno dei conflitti congelati più lungi dell’ultimo secolo.
Nb La carta mostra l’originaria estensione della Repubblica di Artsakh (aree in verde scuro, arancio ed azzurro), i territori conquistati dagli azeri con la guerra del 2020 (in azzurro) e in arancio l’attuale estensione dello stato armeno (non riconosciuto a livello internazionale). In verde scuro i distretti ceduti dagli armeni all’indomani della sconfitta subita nella guerra di due anni fa.