Continua a serrarsi la morsa azera intorno al Nagorno Karabakh, mentre la pressione politico-militare di Baku si fa sentire con forza anche lungo il confine con l’Armenia. Dopo gli scontri dello scorso 12 aprile nell’area di Tegh, costati la vita a quattro militari armeni e a otto azeri, e le scaramucce quasi quotidiane lungo il confine, lo scorso 23 aprile gli azeri hanno iniziato la costruzione di un checkpoint lungo la strada che attraversa il corridoio di Lachin, all’altezza del ponte sul fiume Hakari.
La realizzazione di un posto di controllo è una chiara violazione – l’ennesima – dell’accordo che ha portato al cessate il fuoco nel novembre 2020, secondo cui il controllo della strada che unisce Armenia e Nagorno Karabakh è affidato ai militari del contingente russo schierato a mantenimento della pace. Il blocco azero del Nagorno Karabakh, in atto ormai da quattro mesi, si fa ancora più stretto, con alcuni villaggi armeni del Karabakh ormai completamente isolati. L’intenzione di Baku è sempre più evidente: cogliere l’opportunità offerta dalla guerra in corso in Ucraina – dunque dall’impegno russo lontano dal Caucaso e dalla necessità di Mosca di non “rompere” con l’Azerbaigian e con la Turchia, suo sponsor principale – per chiudere la partita iniziata con la guerra dell’autunno 2020.
Del resto il presidente azero Aliyev non ha mai fatto mistero del suo obiettivo: recuperare il pieno controllo sull’intero Nagorno Karabakh, con buon pace della presenza armena, e “rivedere” il confine con l’Armenia a proprio favore.