Un editoriale di Ferrarella sul “Corriere della Sera” reca a proposito del decreto fiscale, destinato a Berlusconi, un titolo accattivante: “Troppe leggi orfane e norme sparite. Furbizia o ignoranza? La norma “salva Berlusconi” e il problema della trasparenza”. Esso fornirebbe argomentazioni ghiotte alla opposizione, se ne esistesse in Italia una, attenta alla consistenza dei problemi, e non pronta solamente all’urlo inconcludente e alla protesta velleitaria.
L’argomento supera la cronaca e riguarda una situazione di costume, o di malcostume, utile a dimostrare, o meglio a confermare, lo scadimento della politica gestita da un’oligarchia tanto prepotente ed arrogante quanto inadeguata ed impreparata. Ferrarella punta il dito in maniera circostanziata sui “decreti legislativi, dove deleghe troppo generiche ed estese conferiscono all’esecutivo un potere sottratto ad un effettivo controllo parlamentare, persino superiore dei già troppo abusati decreti legge”.
Descrive un quadro illogico ed innaturale per un sistema democratico, in cui vengono elusi, se non calpestati, i limiti dettati nella delega.
Tutto si può fare – ammette l’editorialista – “ma alla luce del sole, con trasparenza dei percorsi e consapevolezza dei risultati. Per migliorare i quali, forse, ogni tanto non guasterebbe qualche sfottuto “professorone” in più, e qualche fedele ma incompetente in meno”. Ma dove è possibile individuare nel governo, a cominciare dal “presidente”, i “competenti” ed i “preparati”?.
Nel lontano 1960 il futuro presidente della Corte costituzionale, Livio Paladin, allora assistente universitario ha sottolineato che “il governo è politicamente responsabile di fronte al Parlamento – quasi come dinanzi ad un mandante – per il buon esercizio del potere che gli venga delegato; ma questa situazione non esclude affatto che esso possa venire chiamato a rispondere direttamente, nei modi comuni, per le illegittimità perpetrate nella forma del decreto legislativo”.
Altro aspetto cruciale su cui riflettere e da cui partire con un’azione critica, in questi mesi del tutto assente, è che, sempre riprendendo Paladin, “ la delega legislativa costituisce senza dubbio un fatto estensivo della competenza del Governo, ma non per questa essa deve dirsi [e deve essere considerata] restrittiva della sfera d’azione delle Camere”. Ma chi si curerà di intraprendere un’iniziativa del genere? Il leader “desnudo” ma lasciamo perdere!!!
In un’altra nota Polito, dal canto suo, sottolinea l’urgenza di “fugare subito” ogni sospetto e denunzia l’eccesso di leggi delega ,”che lasciano le mani dell’esecutivo un po’ troppo libere di legiferare al posto del Parlamento, ridotto ad esprimere semplici pareri consultivi”.
Polito conclude, osservando che “la necessaria e sacrosanta ricerca alla luce del sole di larghe alleanze per l’elezione alla luce del sole inizia insomma ad appesantirsi di troppi sospetti do ut des. Per toglierli di mezzo, è opportuno tirar fuori manine e manone da sotto il tavolo e giocare a carte scoperte. Cominciando con il chiarire in maniera convincente che cosa è successo nel Consiglio dei ministri della vigilia di Natale”.
L’uso del semplice termine “opportuno” pare restrittivo e riduttivo di una situazione, che forse ha raggiunto punte incredibili ma che doveva essere arginata e fronteggiata alla “luce del sole” e non negli ambulacri segreti, in cui l’”opinione pubblica”, turlupinata e confusa, non ha accesso, non ha voce e soprattutto non ha orecchie.