Chiariamoci subito. La vicenda dei giornalisti di Charlie Hebdo trucidati ieri a sangue freddo da alcuni attentatori islamici è un orrore infinito. E su questo siamo tutti d’accordo. Tuttavia bisogna uscire immediatamente da un equivoco.
Perché qui la scelta non è se stare pro o contro i poveri giornalisti morti o i terroristi. No. La scelta è diversa e richiede un’analisi molto meno semplicistica.
La politica italiana in merito alla questione si è già espressa, ciascuno recitando il copione assegnatogli dalla fazione partitica di appartenenza: c’è il leghista che attacca l’immigrazione, l’esponente Sel che invita a non fare di tutta l’erba in fascio, il liberale che dice “tolleranza zero” con chi non accetta il modus vivendi occidentale. Insomma, nulla di più scontato e banale.
Ma appunto la questione non è assolutamente banale. Da un lato abbiamo dei fanatici da condannare addestrati però, a quanto pare, tra le truppe ribelli siriane. Già, le stesse truppe che solo un anno fa il mondo occidentale dipingeva come “i buoni” che combattevano “il cattivo” regime di Bashar Al Assad, colpevole principalmente (agli occhi dell’Occidente) di essere vicino alla Russia di Vladimir Putin, quella nazione dipinta come maledetta perché legata ancora a concetti ormai estranei alla modernità occidentale: famiglia, sacralità e valori.
Dall’altro lato c’è invece Charlie Hebdo. Un giornale laicista che, beandosi dei disvalori della modernità, si divertiva spesso a realizzare vignette dissacranti su tutte le religioni, cristianesimo incluso. Ebbene questo giornale di sinistra (è bene specificarlo) che fino a pochi giorni fa, se letto dal politicante medio conservatore, avrebbe suscitato sdegno, oggi raccoglie, da quegli stessi politicanti, “piena solidarietà”.
Ma i morti della retorica se ne fanno poco. Chi non c’è più dovrà invece, dal paradiso (ammesso che ci credesse), ringraziare la molle attitudine della “civiltà della libertà” che difendeva, che a forza di “libertà” si è portata il nemico in casa. Eccola allora la contraddizione che emerge in tutta la sua prepotenza. Quando si tratta di marketing politico i sedicenti conservatori occidentali sono bravi, anzi bravissimi a difendere i crocifissi. Ma poi, alla bisogna, da destra a sinistra in massa accorrono a difendere quella civiltà che invece ha in sé stessa il germe dell’autodistruzione.
Pianga dunque l’Occidente i suoi morti e, soprattutto, si interroghi sui propri errori. È giusto. È doveroso. Ma la vicenda Charlie Hebdo non sia strumentalizzata, da una società che ha fatto dell’ateismo e del materialismo il proprio vanto, per condannare tutti coloro che una fede ancora ce l’hanno.
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