Il volto della destra, pur deturpato dall’acido di Fini e Berlusconi, è meno inviso all’elettorato italiano di quello della sinistra. In parte per merito di Matteo Salvini, ma soprattutto per demerito delle “ristrette cerchie di ottimo censo e facile radicalismo”, le quali, per legittimare i propri vizi, spacciano per “diritti civili” le devianze sessuali e morali, surrogando i bisogni economici e le aspettative sociali di chi cerca un lavoro o lo ha precario e sottopagato.
Le “premure dei radical chic” non sono rivolte alla maggioranza delle famiglie italiane sospinte verso la povertà dalla crescente verticalizzazione della ricchezza sia a causa della globalizzazione sia per effetto dell’incompetenza e della corruzione della classe dirigente; ma dedicate ai gay e alle lesbiche, ai transgender, agli ex terroristi, ai migranti, ai trasgressori d’ogni specie che, per un verso , ne rispecchiano l’inclinazione al libertinaggio, per un altro, il complesso di colpa dei privilegiati verso gli emarginati.
Garantiti dal censo nella sicurezza, nell’agio e nella salute nemmeno intendono che il popolo n’è completamente sprovvisto e, invece di puntare a renderlo partecipe, ambiscono a trasmettergli la loro “cultura”. Così gli propongono modelli sofisticati quanto improbabili di costume e di vita, invece di di beni necessari quanto prosaici, come la casa, il lavoro, le cure sanitarie, l’ordine. I “diritti civili”, appunto, invece di quelli sociali ed economici. E lo regalano alla destra.