Capita sempre di meno di frequente e più fortunosamente di ritrovare e poter leggere, godendoli e giovandosene, articoli sparsi e sperduti di Giovannino Guareschi da ultimo uno del 1965. Lo scrittore, perché era uno scrittore, non solo un giornalista e non solo un polemista fine, ironico, con punte sarcastiche ripetute, è leggibile e godibile ancora oggi, dal momento che non ha perduto in attualità e non ha scemato in peso didascalico.
Oltre ad avere offerto visioni di lunga prospettiva sugli errori del sistema politico democratico, controllato dai due partiti solo apparentemente antitetici, è altresì un anticipatore non catastrofico ma realistico degli effetti del Vaticano II.
Attraverso le vicende bonarie ma cariche di delusioni e di amarezze del vecchio parroco “pacelliano”, Guareschi individua gli errori commessi dal pontefice bergamasco, suo successore, con il progressivo smantellamento dei vecchi riti e il conseguente devastante aggiornamento dal quale è derivato uno sfaldamento, sempre più sinonimo di grigio avvilente, dei riti, della frequenza religiosa, dei sacramenti, della cellula cristiana per eccellenza e per antonomasia, la famiglia.
Il passaggio dal 1965, da Guareschi, al 2016, alla rivista mensile “Sì, sì, no, no” e alle sue riflessioni semplici ma grintose, argomentate ma amare, prova la fondatezza antesignana delle preoccupazioni dello scrittore emiliano, tra gli italiani uno dei più venduti, di certo il più tradotto, la solidità della sua opposizione allo spirito conciliare.
E’ osservato in questi giorni nel periodico tradizionalista che “la liturgia aggiornata e le velleitarie aspirazioni ecumeniche, traducendosi in una religiosità generica, priva dell’originaria dimensione soprannaturale e dei fondamenti teoretici del Cattolicesimo, hanno oggettivamente favorito al secolarismo”.
Si vive in una sorta di inarrestabile processo di disfacimento, che ha avuto inizio con il pontificato di Giovanni XXIII e che segna un quotidiano imbarbarimento della morale e dall’altrettanto frequente vuoto nelle parrocchie della capitale e delle diocesi circostanti del clero secolare e regolare, con diversi ordini e congregazioni ridotti allo stato pulviscolare.
La gerarchia ecclesiastica si è arresa, senza revisioni e senza ripensamenti, allo spirito conformistico del mondo, come è testimoniato dall’incredibile ma non inopinata esternazione, con cui Francesco I ha affermato che la Chiesa dovrebbe “chiedere scusa ai gay”.
“L’auspicio di papa Bergoglio – è stato rilevato sempre nel periodico – si presta purtroppo a rafforzare la logica demolitrice e dissacrante dell’ “aggiornamento””.
“Aggiornamento” è una parola magica, falsamente affascinante, irritante, utile a contaminare tutto, come avviene anche contro la tradizione culturale e politica italiana, sempre più indifesa e calpestata.
IL GRANDE IMBROGLIO
Gesù era ebreo; i suoi discepoli erano ebrei ed erano dodici, proprio come le tribù di Israele, e, quindi, in ossequio ad esse.
Gli ebrei non tradiscono altri ebrei.
Quindi penso che il cristianesimo sia una invenzione di Israele per indebolire l’Impero romano e farlo cadere, come di fatto è successo, e assumere, così il dominio del mondo.
Diversamente avrebbero avuto a che fare con dei pagani spietati, proprio come loro, ma più potenti ed evoluti di loro e, quindi, invincibili.
Con il cristianesimo i pagani invincibili sono diventati pecore, servi dei servi.