Ciò che è accaduto ad Acapulco pochi giorni fa lascia sgomenti; un uragano di forza inimmaginabile, cresciuto man mano che si avvicinava alle coste del Messico, lato Pacifico, si è abbattuto sulla città, lasciando solo macerie. A quelle latitudini tutte le case non hanno tapparelle o saracinesche per cui il vento si è abbattuto a 350 km orari, infrangendo le vetrate, come fossero di carta velina. In tutti gli appartamenti schegge di vetro schizzavano come proiettili. Chi era rimasto in casa, la maggioranza della popolazione, si è rifugiata in bagno, il luogo solitamente più isolato e meno esposto. Mio figlio che si trovava a casa sua con la sua compagna ed il bambino di un anno, ha avuto la fortuna di avere una porta blindata, l’unico del suo palazzo, che ha retto ma ha determinato vortici d’aria e polvere, creatasi dagli intonaci staccati dai muri. Ben presto l’aria è diventata irrespirabile e solo rifugiandosi nel box doccia sono riusciti a sopravvivere. Un incubo di terrore durato circa 90 minuti.La forza dell’uragano ha abbattuto alberi, sollevato automobili, divelto la torre di controllo dell’aeroporto, polverizzato negozi e piccole abitazioni. Tutti i grandi grattacieli della baia si sono trasformati in scheletri di cemento. L’hotel Princess, orgoglio di Acapulco ,è andato letteralmente distrutto; il mio consuocero, capo giardiniere dell’albergo, viveva in una baracca di fianco con altre maestranze; non se ne sa più nulla.
Le vittime accertate sarebbero 39 ma in realtà risulteranno molte di più. Si parla di corpi schizzati via come dardi nel vento, altri giacciono sotto le macerie. Il dopo uragano ha mostrato una città colpita da una distruzione completa, senza aree di risparmio.
Mancava la luce, l’acqua, il cibo, l’aeroporto distrutto, le strade interrotte da frane, le vie della città intasate da macerie e rottami d’auto. La popolazione si è riversata nei supermercati distrutti a razziare quanto più si poteva alla ricerca di cibo e acqua. Non era sciacallaggio, ma solo spirito di sopravvivenza. Mio figlio quando è arrivato al supermercato ha recuperato tre bottiglie d’acqua, due di birra e dei fagioli in scatola. Lunghe file di auto , quelle non danneggiate, sostavano davanti ai distributori di benzina.
L’esercito messicano è intervenuto massicciamente distribuendo generi di prima necessità; la base della Marina Militare si è attivata per dare accoglienza alle famiglie con bambini e per permettere di ricaricare i cellulari. La popolazione è rimasta infatti senza collegamenti, senza poter dare notizie. Chi ha potuto ha affrontato un viaggio di un centinaio di chilometri per raggiungere la città più vicina e fare provviste. Pericoloso viaggiare da soli, il rischio di agguati c’è sempre.
Le compagnie aeree locali hanno offerto biglietti aerei gratuiti per i turisti che volessero tornare al proprio paese d’origine, una volta ripristinato l’aeroporto.
I bancomat non funzionano, la moneta non ha valore, nei condomini distrutti i sopravvissuti si distribuiscono il cibo a disposizione. L’ambasciata italiana si è subito attivata ed era ben sintonizzata su quanto stava avvenendo. L’informazione occidentale, stampa e audiovisiva, si è distinta per la sua assenza.
Un evento epocale, mai un uragano con questa forza si era avventato su una città, i devastanti effetti avrebbero meritato una maggiore attenzione.
Ciò che è accaduto ad Acapulco ora va attentamente studiato, perché se questi avvenimenti catastrofici si abbattessero anche su altre realtà, bisogna essere pronti nella prevenzione ed anche nei soccorsi.