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Il comunismo è morto e sepolto. Restano i nostalgici del filo spinato

di Vincenzo Pacifici
10 Novembre 2017
in Home, Libri&LIBERI
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Il comunismo è morto e sepolto. Restano i nostalgici del filo spinato

Il quotidiano, urlante ed urlato, di Feltri ha “sparato” un titolo dei suoi: “I comunisti festeggiano 100 milioni di morti. Rizzo e i suoi nostalgici ricordano la rivoluzione russa del ‘17”.

Anche se costa riconoscerlo, miracolosamente, per una volta “Libero” ha ragione soprattutto per il tono felpato, con cui è stata accolta l’iniziativa in rapporto con le misure sul fascismo, di nuovo riemerse con la ridicola sentenza del tribunale di Tivoli (ahimè, la mia città!) sul monumento dedicato a Rodolfo Graziani, espressa tra il tripudio di schiere di arzilli “partigiani” ultranovantenni.

Ma soprattutto la denunzia va posta in confronto con la presentazione pubblicitaria di un lavoro, edito dalla “Biblioteca storica de “Il Giornale””, concepita con questi termini ossequiosi e reverenziali: “A cent’anni di distanza dalla Rivoluzione d’Ottobre si avverte il bisogno di ripensare una così radicale esperienza, inquadrandola in una riflessione globale sul significato di quelle trasformazioni e sui loro esiti. In questo libro Vittorio Strada, sulla base di una documentazione spesso sconosciuta, presenta una nuova visione dell’intero processo storico sovietico sullo sfondo del plurisecolare passato zarista e nelle prospettive della Russia post-sovietica”.

Il volume, presentato dunque come una rivisitazione alata, priva di errori e di ombre, si abbina e si affianca perfettamente all’altro, conforme alla linea ispiratrice dell’azienda editrice (“pecunia non olet”), di Angelo d’Orsi “1917. L’anno della rivoluzione”, finito di stampare nell’aprile scorso per conto di “Mondadori Retail”.

Del resto nessuna obiezione è mossa e tutto è consentito per l’iniziativa assunta dalla “Fondazione Gramsci”, “Il cinema politico nel centenario della Rivoluzione di ottobre”, incentrata sulla giornata di studio e proiezione del film, di certo diffuso in tempi celeri, presso gli istituti scolastici pubblici e privati di ogni ordine e grado per ordine dei ministri Fedeli e Minniti, dal titolo “Le straordinarie avventure di Mr. West nel paese dei Bolsceviki”, apparso nel 1924 (sì, esatto 93 anni or sono !).

Ma il quadro dello sbandamento culturale non sarebbe completo ed esauriente se si omettesse la segnalazione di un altro capolavoro editoriale del foglio guida di casa Berlusconi. Il pamphlet di Angela Pellicciari, forse omonima di una “studiosa”, un tempo puntigliosa fautrice di tesi nostalgiche del potere temporale, riguarda Martin Lutero. Il ritratto del frate agostiniano, “che incendiò l’Europa”, è sintetizzato in termini a dir poco stupefacenti ma principalmente incredibili e insostenibili: “Il 31 ottobre del 1517 affisse alla porta della Chiesa del Castello di Wittenberg le 95 tesi sulla penitenza e sull’uso della vendita delle indulgenze. Le sue parole contro il potere politico della chiesa di Roma suscitarono grande clamore. Iniziò la “protesta” contro la Chiesa che cambiò il volto dell’Europa. Un saggio storico per comprendere la riforma protestante e l’addio al potere romano”.

L’unica aggiunta ragionevole è che con queste opzioni è stato facile arrivare alla desertificazione del cattolicesimo e dei suoi valori e alla criminalizzazione del povero sacerdote bolognese.

Sulla politica vanno espresse o meglio ribadite alcune considerazioni. Innanzitutto occorre non tacere le critiche a Berlusconi e alla sua ineliminabile protervia, riemersa con il solito schema dell’appropriazione dei meriti altrui, a dicembre del popolo italiano, adesso a novembre di Nello Musumeci e dei suoi sostenitori della prima ora, la Meloni e Salvini. Sempre con riferimento al quotidiano della casata è stato irritante il sottotitolo sfoderato ieri, dopo l’arresto del deputato regionale. “Pronti, via e c’è subito un eletto arrestato in Sicilia”, come se il partito del De Luca non fosse stato sostenuto nel segno del subito fallimentare ecumenismo da Berlusconi.

La candidatura di Pirozzi alla presidenza della Regione Lazio poi è da accettare e da condividere solo se preceduta da un adeguato ridimensionamento delle emozionali spinte civiche, facili a decomporsi in contrapposizioni campanilistiche secolari. Lo si lasci affermare in piena scienza e conoscenza a chi, come il sottoscritto, è sempre vissuto in provincia.

 

Tags: comunismostoria
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Vincenzo Pacifici

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