A Roma, ha avuto luogo sabato, con notevole affluenza di pubblico, l’iniziativa ”Sveglia centrodestra!”, promossa dalla fondazione “Fare Futuro”, presieduta dall’ex ministro Adolfo Urso.
L’affermazione cruciale e caratterizzante è stata espressa dalla Meloni, “non voglio morire renziana”, diagnosi ed obiettivi sono stati esposti da altri due promotori, Fitto e Tosi, con il centrodestra (ahimè sempre, privo di trattino) dichiarato nella versione nota morto e con la conseguente proposta di un’alternativa da ricostruire “forte e credibile”.
I magnifici 4 hanno insistito sul rifiuto del Patto del Nazareno, che “serve al premier solo per mantenerci divisi e farci scomparire” e sulle primarie, inteso come strumento, sopravvalutato ed enfatizzato, se non organizzato con la dovuta serietà, di semplificazione e di chiarificazione del quadro politico, sul quale pesano le manovre di Berlusconi per la successione a Napolitano.
L’analisi fatta e le considerazioni espresse appaiono francamente di corto respiro, perché – per dirla con Veneziani – sembrano costruite “sul rude semplicismo delle posizioni nette” e “senza un piano metapolitico precedente o parallelo”.
Veneziani ed Ostellino, in singolare quanto involontaria sintonia, ha individuato le radici della crisi del sistema nazionale. Per lo studioso pugliese un cambio di ritmo non può e non potrà davvero arrivare dallo “statista” toscano, da Grillo e da Salvini, limitatosi soltanto a “congelare” e non a cancellare “il retroterra leghista d’origine”, dal momento che “i filoni delle culture politiche sono esausti ormai da tempo e non alimentano alcun progetto di società e politica né alcuna formazione di leader”.
Veneziani aggiunge che “la fine politica della destra come della sinistra fu preceduta dall’abbandono di ogni cultura politica e civile di riferimento. In assenza totale e prolungata la politica degenera, muore o si spegne nelle braccia dell’amministrazione, della tecnica e dell’economia, fino a diventare superflua”. Si può e si deve aggiungere che nella fattispecie nostra è risultata decisiva e determinante la confusa esperienza berlusconiana con il suo fallimentare bipolarismo.
Ostellino, dal canto suo, dalle vicende francesi di questi giorni, ricava la lezione che “il miserevole spettacolo che l’Italia politica e giornalistica sta dando sulla strage di Parigi e il suo seguito, è figlio allo stesso tempo di carenze culturali e di stupidità politica”.
Non pare quindi credibile e possibile che l’inversione di tendenza, la “fine della notte”, possa arrivare con meri slogans, con rimedi comizieschi, con proposte schematiche, con calcoli personalistici. Il futuro può tornare ad essere costruttivo e lusinghiero solo se fondato su retroterra solidi e ritrovati dopo restauro.
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