Due giorni di dibattiti, confronti, presentazioni di libri, ospitati nel centro culturale “Sa Manifattura” a Cagliari, in compagnia di tanti ospiti illustri che si sono occupati di alcuni tra i principali temi d’attualità (le registrazioni sono on line nella pagina Facebook “Ideario Festival”): il conflitto in Ucraina, raccontato dagli inviati di quotidiani e televisioni; la ‘nuova censura’, che ha generato i dogmi del ‘politicamente corretto’, la volontà di riscrivere acriticamente la storia e sta provando a riformare il linguaggio; il ruolo del Mediterraneo, nel rapporto con l’Italia e la Sardegna, ipotizzando progetti e sfide per il futuro.
«Immaginare di dar vita ad un festival culturale a Cagliari, che si ponesse l’ambizioso obiettivo di andare oltre il muro del conformismo, che non avesse paura delle idee, anche di quelle politicamente scorrette, e che proponesse una visione differente e plurale, alternativa rispetto al pensiero unico e dominante, sembrava impresa ardua. Poi, l’idea è stata sposata dal sindaco Paolo Truzzu, che si è dimostrato un interlocutore attento e coraggioso – racconta Fabio Meloni, giornalista e direttore artistico del Festival “Ideario 22” – Per alcuni giorni, la città di Cagliari è stata protagonista come luogo di incontro, di scambio e di contaminazione culturale, cantiere per la produzione di idee, di visioni e di proposte. Senza faziosità, ma senza timori reverenziali nei confronti del conformismo imperante, senza l’ossessivo timore, diffuso nel ceto politico emergente, delle critiche nei confronti della propria identità culturale».
Rivitalizzare il dibattito culturale ‘a destra’ rappresenta un ambizioso progetto.
«Bisogna essere consapevoli che la cultura rappresenta un patrimonio fondamentale per qualsiasi comunità, perché, come sostiene Edoardo Boncinelli, “la cultura è una ricchezza, che non perde mai valore, perché sapere ci rende liberi; non siamo solo quello che mangiamo, ma anche quello che sappiamo perché l’uomo vuole capire, conoscere, avere una sua opinione. Possiamo rinunciare a tante cose, ma la conoscenza è fondamentale. Appagare la propria sete di sapere e di cultura comporta responsabilità, fatica e coraggio”. Perciò, è giunto il momento di cambiare passo e agire con coraggio, assumendosi importanti responsabilità, consapevoli che organizzare comporta fatica, ma potendo contare, oltre che su coloro che Gennaro Malgieri definisce “infedeli del conformismo e del pensiero unico”, su un contesto culturale più ampio di quello tradizionalmente considerato ‘di destra’ con cui si può dialogare per costruire un fronte comune. Nonché su alcune realtà editoriali che da anni offrono, seppure nella penuria dei propri mezzi, una pluralità di proposte meritevoli di adeguate vetrine, rappresentando un terreno fertile su cui lavorare».

L’alibi dell’egemonia culturale di sinistra non basta più.
«Se qualcuno pensa che si tratti di una vicenda recente e che le responsabilità siano attribuibili solamente alla politica degli ultimi decenni (sebbene, la destra abbia governato l’Italia per la prima volta con Alleanza nazionale, che quindi ha conquistato di diritto l’oscar del maggior fallimento), basterebbe ricordare un articolo di Gianfranco De Turris del 1971 (pubblicato dal periodico L’Italiano) intitolato “La dittatura occulta”, nel quale veniva già posto il problema dell’egemonia culturale ‘sinistra’, che, non essendo mai stato affrontato, oggi si è consolidato più mefitico che mai. Egemonia culturale che da tempo si è trasformata in egemonia di potere in tutti i settori, cultura, informazione, editoria, scuola, università, tv, musica, cinema, dove sovente chi ha idee di destra è costretto a tacere e/o mimetizzarsi. Oltretutto, nella sua più ampia accezione di centrodestra, neanche negli anni più floridi del berlusconismo la politica è riuscita a invertire la rotta. Dopo decenni di dominio culturale, orchestrato con abilità dalla sinistra e con l’involontaria complicità di una destra maggiormente impegnata a farsi legittimare dalla controparte, è giunto il momento di scardinare questa egemonia. Mentre la sinistra si organizzava, imparava a fare sistema, a creare reti, ad attivare circuiti che autoreplicandosi e sostenendosi vicendevolmente riuscivano addirittura a creare qualche clamoroso ‘caso umano-letterario’, a destra si stava a guardare impotenti, vittime anche dell’atavico limite dell’individualismo, con ridotte sacche di qualità che però tendono a non dialogare tra loro, gelose del proprio orticello ben coltivato o della primigenia in determinati territori e/o ambiti tematici».
I tempi sono maturi per invertire questa tendenza?
«L’obiettivo di questa nuova stagione politica, che non solo vede la destra al Governo ma in posizione maggioritaria, dovrà essere non solo quello di proporre una visione differente e plurale, alternativa rispetto al pensiero unico e dominante, ma anche di formare classi dirigenti adeguate per avviare un periodo di discontinuità totale anche nel campo culturale, senza timori reverenziali e soprattutto senza arretrare e tentennare su alcuni capisaldi della cultura nazionale, con una particolare attenzione ad un filone fin troppo sottovalutato, quello della ‘guerra delle parole’, essendo necessario recuperare più di qualche posizione per non farsi imporre anche il vocabolario. In estrema sintesi, come ha scritto Luca Beatrice sul quotidiano Libero, “smarcarsi finalmente dal complesso di inferiorità culturale nei confronti della sinistra e piantarla di recitare il ruolo del parente tonto e disinformato”. Interpreto come segnale incoraggiante la scelta (evento rarissimo anche nelle amministrazioni locali) di gestire il Ministero della Cultura, affidandolo a Gennaro Sangiuliano, di cui è nota la formazione culturale, dando così l’impressione che la destra politica abbia finalmente messo la cultura al centro della sua azione politica. Sul versante destro, brilla come un faro l’esempio di Marzio Tremaglia, simbolo di una coraggiosa azione culturale di governo, come assessore alla Cultura della Regione Lombardia, impregnata di valori e idee, purtroppo non portata a compimento per la sua prematura scomparsa. Marzio era consapevole che non fosse sufficiente la conquista del potere politico e che fosse necessario affiancarla con una battaglia culturale indispensabile per corroborare il successo elettorale, troppo spesso effimero e transitorio».

Un bilancio del Festival cagliaritano e i progetti per il futuro.
«Nonostante i tempi ridotti a disposizione per l’organizzazione, il bilancio di “Ideario 22” è certamente positivo, tanto da auspicare la sua riedizione nel 2023, anche attraverso una rete di iniziative che possa impegnare diversi territori dell’Isola, con un ulteriore ambizioso obiettivo: far diventare la Sardegna un cantiere del dibattito culturale della Nazione, così da contribuire alla lotta contro la ‘cappa asfissiante’, per dirla come Marcello Veneziani, o per una ‘controffensiva metapolitica’, per dirla come Marco Tarchi, che sia in grado di proporre una reale alternativa al dominante ‘conformismo culturale’, all’indigesto ‘politicamente corretto’, al ristagnante ‘pensiero unico’, che finora ha stravinto, anche nell’indifferenza di chi avrebbe dovuto e potuto opporsi».