Ho appena finito di seguire le primissime battute della votazione iniziale per il nuovo presidente della Repubblica, notando l’abbondanza di applausi e di inchini per il presidente emerito Napolitano. Ho osservando anche, e spero per lui che l’inchino di Gasparri sia dovuto alla carica istituzionale di vicepresidente dell’assemblea e non abbia una illogica base politica.
Si profila dunque una elezione sabato del giudice costituzionale Sergio Mattarella, dopo che, come ha riferito Pier Cappone, così è stato deciso nei luoghi del potere.
Il presidente del Milan – come anche un suo nipotino avrebbe previsto – è stato spiazzato dopo lunghe trattative e segreti conciliaboli e dopo avere imposto un voto favorevole risultato decisivo l’altro giorno al Senato sull’Italicum, legge sfavorevole per lui suicida.
La lezione non gli è servita. Continua sempre parlare con I° persona singolare (“Ci devo pensare”) come se gli altri non esistessero e presto non esisteranno se non si tirerà da parte o non cambierà strada (ovvero consiglieri).
Ho preso parte alle votazioni indette da Fratelli d’Italia, dando la preferenza tra i candidati indicati a Giampaolo Pansa e come mio presidente ideale Marcello Veneziani. Non ho designato Vittorio Feltri per una serie di motivi: 1) è eccessivamente, come bergamasco, filoleghista; 2) non ha mai espresso un rifiuto preciso e totale per il “Granduca “, restando sempre nell’equivoco e nel vago, fino ad ironizzare sui cosiddetti “parassiti”, avversari del puttino; 3) non ha mai denunziato apertamente e globalmente la politica dissennata di Berlusconi; 4) non raramente ha lanciato frecciate alla destra e ha sempre minimizzato, quasi ignorato, il ruolo ed il significato politico di Fratelli d’Italia nel segno della presunta estinzione della destra stessa, dovuta, tra l’altro, a due uomini, non certo personaggi o figure, i cui cognomi iniziano per B e per F.