Cos’è Vox, la magnifica sorpresa spagnola? Una scommessa difficile, ma riuscita. Tutto è iniziato nel 2013 quando Santiago Abascal, il leader destrista dei giovani popolari, entrò in rotta di collisione con i vertici del suo partito. Una rottura su posizioni sovraniste e unitariste chiare ma distanti da ogni retorica nostalgica. Un’ipotesi politica imperniata sui ceti urbani, sul tessuto produttivo con una campagna di comunicazione efficace (guardate il video)..
Ma soprattutto, alla luce dei fallimenti trentennali dei movimenti neo falangisti o tardo franchisti (da Fuerza Nueva a Democratia Nacional), una scelta vincente.
Alle Europee del 2014, Vox ottenne 246.833 voti, pari all’1,57%. Un buco. Ma alle elezioni comunali del 2015 il movimento si presentò in centinaia di città, riuscendo a eleggere 22 consiglieri e due sindaci, uno a Cardenuela Riopico (Burgos) e l’altro a Barruelo del Valle (Valladolid). Centri piccoli, la Nazione profonda. Un primo segnale. Il sintomo che qualcosa stesse cambiando. Anche in Spagna, un segmento d’elettorato iniziava a riconoscersi in un movimento di destra radicale.
Dopo i noti fatti di Catalogna la svolta. Vox è riuscita a intercettare gli scontenti del Partido Popular e dei Ciudadanos. Poi, l’adesione di due sindaci eletti con i popolari a Navares de las Cuevas (Segovia) e a Guadiana del Caudillo (Badajoz). E la corsa in Andalusia, la regione “rossa”. Una missione impossibile o forse no?
L’ultimo sondaggio nazionale, realizzato dal Centro de investigaciones sociologicas, dava Vox all’1,9%. Risultato: oltre 11% e 12 seggi. Boom. Marine Le Pen si è subito congratulata con un tweet: “Le mie sincere e calorose felicitazioni ai nostri amici di Vox che questa sera in Spagna ottengono un risultato molto significativo per un movimento giovane e dinamico”.
Qualcuno avverta “sovranisti” e destristi nostrani. In Spagna “qualcosa” d’importante sta crescendo.