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Home Facite Ammuina

Così parlò Kemal Ataturk. Le caserme contro i minareti

di Marco Valle
29 Luglio 2016
in Facite Ammuina
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Così parlò Kemal Ataturk. Le caserme contro i minareti
       

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In Turchia il neo sultano continua le purghe: il capo delle forze di terra e il responsabile degli addestramenti si sono dimessi dopo la sospensione di 149 tra generali e ammiragli. Oggi le autorità hanno anche disposto la chiusura forzata di 45 quotidiani, 16 televisioni, 3 agenzie di stampa, 23 radio, 15 riviste e 29 case editrici.

Non male per una “democrazia islamica”. Il prossimo passo sarà trasformare Santa Sofia (da più di 70 anni museo nazionale) nuovamente in una moschea e smantellare, passo dopo passo, ogni ricordo kemalista. Ci riferiamo, ovviamente, a Kemal Ataturk, il vincitore di Gallipoli 1915 e il fondatore della Turchia moderna e laica. Personaggio controverso — massone (in salsa orientale), rinnovatore e nazionalista, puttaniere, bevitore e un po’ fascista —  il generalissimo rimane ancor oggi per molti turchi un mito.

Per Erdogan, lo sponsor dell’ISIS, Ataturk è solo un fantasma ingombrante. Dal suo punto di vista non ha tutti i torti. Il fondatore della repubblica, dopo aver liberato l’Anatolia da eserciti stranieri, deposto il sultano e chiuso il califfato, spazzata ogni testimonianza greco-bizantina (un errore storico e una catastrofe culturale), eliminati Enver pascià e i “Giovani turchi”, annientati i fossili del vecchio impero corrotto e perdente, volle chiudere i conti con l’islamismo.  Con queste parole:

«Per quasi cinquecento anni, queste regole e teorie di un vecchio arabo e le interpretazioni di generazioni di religiosi pigri e buoni a nulla hanno deciso il diritto civile e penale della Turchia. Loro hanno deciso quale forma dovesse avere la Costituzione, i dettagli della vita di ciascun turco, cosa dovesse mangiare, l’ora della sveglia e del riposo, la forma dei suoi vestiti, la routine della moglie che ha partorito i suoi figli, cosa ha imparato a scuola, i suoi costumi, i suoi pensieri e anche le sue abitudini più intime. L’Islam, questa teologia di un arabo immorale, è una cosa morta. Forse poteva andare bene alle tribù del deserto, ma non è adatto a uno Stato moderno e progressista. La rivelazione di Dio! Non c’è alcun Dio! Ci sono solo le catene con cui preti e cattivi governanti inchiodano al suolo le persone. Un governante che abbisogna della religione è un debole. E nessun debole dovrebbe mai governare. »

Il kemalismo fu caserme e baionette contro minareti e moschee. Il “nuovo” contro l’antica fede. Il cilindro contro il fez. L’Orient express e gli ascensori del Pera Palace al posto del cavaranserraglio. La costa, le metropoli contro l’immobilismo contadino. Piccolo benessere cittadino accanto a miseria tremenda. Ankara piuttosto che Costantinopoli. Contraddizioni di una modernità periferica su rassicurazioni secolari. Rotture epocali su cui si innescarono schemi incomprensibili per gli eredi dell’illumismo. Insomma, cose turche.

Estate 2016. Dopo quasi un secolo, la partita sul Bosforo si è riaperta. Tragicamente. Il “malato d’Europa” ha riaperto le sue antiche piaghe. E, come all’inizio del Novecento — vero professor Cardini? —, l’infezione può trasformarsi in una catastrofe epocale. Prepariamoci.

Tags: ErdoganFranco CardiniKemal AtaturkTurchia
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