Una nuova puntata della telenovela riguardante il progetto di legge elettorale, dopo quella di Passigli, è stata curata da Valerio Onida.
Si tratta di una lezione meramente tecnica da aula universitaria, preparata senza considerare che dietro la normativa sul voto, spesso inutilmente e volutamente labirintica, è presente, ispiratrice e condizionante, la politica.
Già l’avvio è deludente ed ingenuo con l’esclusione degli interessi delle diverse forze politiche e con il gratuito ed immeritato plauso all’”indubbio passo in avanti”, compiuto con il “Rosatellum, un altro dei tanti “ridicoli nomi latineggianti”, atteso da mesi dallo stesso Mattarella e presentato solo nel momento in cui i “signori” del Nazareno sono stati pronti. L’editorialista, ex giudice costituzionale definisce “apparente impotenza” la situazione, altrimenti “scandalosa” in cui sono costretti a vivere Camera e Senato.
Entrando nel vivo emergono tre commenti ispirati all’aggettivo legato al capitano francese Jacques de Chabannes signore de La Palice, cioè ovvi e evidenti sul “consenso ampio e trasversale” al varo della legge, sul “sistema elettorale omogeneo” per le due assemblee, la cui mancanza costituisce una assurdità tutta italiana, e sul metodo “misto”, teso a garantire “la rappresentanza dei territori e delle tendenze politiche”, del tutto utopistico per il prepotere delle segreterie nazionale nella scelta e nella designazione dei candidati.
Ancora scolastica è l’ipotesi del contemperamento dei due metodi, tale da assicurare “un rapporto più diretto fra elettori ed eletti”, caratteristica del tutto assente, anzi rigettata nella ratio del progetto renzian – berlusconiano con i candidati “unti dei 2 signori” e “paracadutati”.
Le critiche e le osservazioni – ed era ora – spuntano con il giudizio di “illogicità” sull’impossibilità delineata di voti distinti tra uninominale e plurinominale, così da ingessare fino al soffocamento le scelte dei cittadini.
Dopo aver delineato il quadro interpretativo, Onida si guarda dal rilevare la pesantezza mortificante dell’impostazione, così come è infondato il giudizio “positivo” espresso sulle coalizioni, dalle quali anziché una semplificazione dello scenario nulla impedisca scaturisca un successivo furbesco e strumentale sfarinamento, nel caso della multicolore “armata Brancaleone” in preparazione nel pensatoio di Arcore scontato.
La conclusione, distante dal pretendere, sembra piatire un aggiustamento con l’introduzione di due schede distinte “o al limite del “voto disgiunto””.
Da Onida onestamente si attendeva un parere meno conformistico e più attento alla realtà politica, in cui è presente sempre più consistente, più motivata e più giustificata la componente astensionistica.
La vignetta di Giannelli sul “Corriere” raffigura concretamente l’ennesima turlupinatura propalata agli italiani con il preteso successo conseguito nella disputa dei cantieri navali con la Francia, sempre pronta nella visione egemonica del “piccolo Napoleone” , nel segno di una effettiva supremazia ad esercitare il diritto di veto del presidente in un collegio di amministrazione paritario. Si aggiunga che il governo Gentiloni ha concluso l’accordo, mendicando anche il prestito dell’1% del capitale per 12 anni.